L’otto per mille di Star Wars

Perdonate gli accenti, perdonate le spalle, perdonate il ritardo, tutti noi abbiamo sempre qualcosa da farci perdonare, ora che poi è Natale è tutto più facile perché per una ventina di giorni siamo tutti più buoni, tra l’altro è uscito Star Wars e in Australia puoi donare il tuo otto per mille alla religione dei cavalieri Jedi. Questo è il riassunto del mondo moderno. Che qualcosa sia con voi!

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Recuperando Racconti: Ferdinando Cuor di Libro

Questo è un mio vecchio racconto, già comparso da qualche parte, si intitola Ferdinando Cuor di Libro

Nonostante tutto si trovava ancora un bell’uomo. Riflettendo la sua immagine nello specchio come ogni mattina da quindici a questa parte. Allontanati gli anni delle scuole, Ferdinando, aveva trovato il piacere di uno specchio al mattino e nonostante tutto si trovava ancora gradevole d’aspetto.
Provava ancora soddisfazione a rinverdire parte de “il mito di Narciso” in un ambiente poco consono, profano, ma rituale come il suo bagno.
Ferdinando provava ogni volta a decodificare i miti, i riti, le abitudini e le consuetudini che ormai affollavano il piano dell’esistenza senza essere capite dall’occhio umano della donna qualunque.

L’uomo qualunque è sempre stato rapito da altri sguardi e non navigava più da secoli, se mai nel suo dna avesse ereditato materiale marinaro, ma si sentiva ancora come Ulisse. Odissee su odissee. A che pro farsi la barba se lui ricordava benissimo che nello sceneggiato televisivo della televisione nazionale, Ulisse stesso, l’eroe moderno più antico che si possa trovare nella cultura pop, se Odisseo stesso, Ulisse per i più e Nessuno per i meno, aveva un corollario di barba al suo viso? Ferdinando non si rase quel viso seguendo le indicazioni mitologiche di una televisione distratta o di un regista che era meglio documentato di lui e dopo un azione non fatta, scese nel bar sotto casa. Privo di Telemaco e di una Penelope a cui dar da provvedere una reggia in sua assenza, aveva però conosciuto molti Proci ma Ferdinando non era solito fermarsi a domandare dei gusti sessuali delle persone, nonostante fosse ancora un bell’uomo.

Ogni casa ha sotto un bar, strana combinazione. Domus e tempio, Ferdinando si rammaricava ogni giorno per non aver studiato greco e latino. Inglobato dalle sue scelte precedenti che lo avevano portato a studiare circuiti elettrici e linguaggi macchina che si estinguevano nella società informatica più velocemente del Manx (lingua morta), aveva dedicato la sua gioventù a perdere tempo. Culture lontane nel tempo e nello spazio lo avevano per troppo tempo esiliato nel mondo moderno.
In maturità aveva scoperto uno scrittore perseguitato dalla scarsità di memoria di critica e pubblico e n’aveva ingoiata ogni singola parola, letteralmente. Per sentirlo suo, per avere il potere di quelle parole mangiò tutte le pagine di quel libro capolavoro condito con olio e sale. Cultura sì ma stupido no. Come alcune tribù africane, che lui aveva visto solo in Porky’s quando Pipino Morris usa a scopo educativo il National Geographic, aveva praticato il suo rituale cannibalesco con la prosa magica di un maestro della letteratura. Aveva da sempre voluto scrivere Ferdinando per scappare dalla normalità attiva della vita, aveva capito fin troppo presto che solo l’uso magico della parola avrebbe potuto spostarlo al livello gerarchico della comprensione.
C’è chi è nato per l’azione e chi per la comprensione, questo lo comprendeva benissimo.

Non era però sicuro quale fosse il suo posto o aveva compreso così bene tutto che non doveva più fare nulla o aveva fatto tutto che non c’era nulla più ormai da comprendere. Bibbia? Letta, ma chissà in quale traduzione si domandava. Vangeli? Letti, ma chissà in quale traduzione si poneva domanda. La Divina Commedia? Letta, ma chissà in quale edizione si inquietava. I Promessi Sposi? Letti, ma Manzoni non lo aveva mai annoverato tra i suoi lettori e questo lasciava un retrogusto amaro sulle pagine di quel libro Certo, li aveva letti e mangiati tutti per impossessarsi del verbo. In principio fu il verbo, dopo l’azione e venne dunque la digestione. Gadda, Pirandello e Sciascia avevano quel gusto classico, un po’ di salse francesi con Dumas, Balzac e Sartre. Fish and chips incartati da Shakespeare, zuppe e sapori Yiddish per Singer e così via di menù in un menù per ogni giorno che alimentava la sua conoscenza. Trovava indigesto Eco e lo aveva eliminato dalla sua dieta. Ogni scrittore era figlio dei sapori della sua terra e Ferdinando per impadronirsene univa gli aromi alle prose.

Poteva nella suo appetito discernere libri su libri. Li leggeva, li assoggettava e poi a seconda o meno che gli piacessero, in quanto il suo era un palato fino, decideva se deglutirli conditi o meno. Da buongustaio qual’era si prodigava anche in qualche manicaretto, odi, sonetti che servivano a stuzzicargli l’appetito, subito da lui composti e privati al resto della riluttante umanità. Il capolavoro assoluto aveva deciso che sarebbe sceso nel suo stomaco da solo privo di qualsiasi condimento, ma non lo aveva ancora trovato.

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Desiderio di un cialtrone

Bisogna stare attenti a quello che si desidera perché potrebbe arrivare e questo sarebbe davvero un bel problema. Siamo pronti ad accettare la soddisfazione in questa epoca di eterni insoddisfatti dove la cialtroneria è una dote proprio perché non realizza nulla?

E io lo so casa desidero? Me lo chiedo molte volte e già il fatto di ritrovarmi a porre questa domanda mi fa capire che: No, non so cosa voglio e proprio per questo sono più cialtrone di altri. Me ne sto racchiuso nelle mie idee pronto a scambiarle con un desiderio. Prima o poi dovrò spegnere qualche candelina

Libri, Lapis, Rivoluzioni Culturali e ci metto del mio

L’idea  alla base di questo umile post mi è venuta ieri, in occasione del 25 aprile, giornata fondamentale per la vita culturale di questo paese che dovrebbe nutrire e nutrirsi di libri e  di autori come Pavese, Fenoglio e Meneghello ma non solo..

Infatti, discutendo proprio ieri con un’artista belga/polacco tramite la magia dei social network, sull’importanza della resistenza, discussione partita da un link di Bella Ciao ( a proposito vi invito ad andare a vedere su You tube quante versioni ne esistono al mondo, compresa quella di  Woody Allen), ma dicevo…si parlava, commentando virtualmente, in un esperanto casareccio, misto a polacco, italiano e francese, della possibilità concreta e reale di rivoluzioni più o meno pacifiche e, inevitabilmente, il discorso è caduto sull’importanza dell’arte, della cultura e dei libri in questi cambiamenti.

Inutile dire che l’esempio polacco è forse il più lampante caso di cambiamento senza guerra, aiutato da una grande cultura, sfociata nella ricezione di due Premi Nobel per la letteratura, del calibro di Czeslaw Milosz e di Wislala Szymborska, un un breve arco di tempo. Ma alla fine, tornando alla discussione precedente, l’apice, lo Chapeau, è arrivato  ad una semplice frase: “Mrozek la rivoluzione l’ha fatta con un lapis nei bagni pubblici“. So che già quasi tutti voi state aggrottando le ciglia chiedendovi quale misterioso significato si celi dietro a una frase sibillina come questa che nemmeno il codice da Vinci…ricordate però che la cultura è una chiave che apre molte porte: sempre.

Allora tanto per cominciare dovete sapere che Slawomir Mrozek (questa la grafia corretta: Sławomir Mrożek) era un drammaturgo polacco, autore di Tango, che ha vissuto anche in Italia. La sua penna è nota per essere acuta e tagliente, la sua ironia è un’arma sopraffina che, se volete potrete riscoprire, non tanto facilmente. E pensare che in Italia fu pubblicato da Einaudi e magari la famosa casa editrice torinese dell struzzo potrebbe riproporcelo prima o poi (nel suo paese l’hanno pubblicato da poco integralmente, vedi foto) lasciando per un attimo da parte l’aspetto commerciale per tornare alla grandeur culturale che fu, ma forse ci eravamo abituati davvero troppo bene…

“Ai tempi della Polonia socialista c’era un eroe, un padre di famiglia che rischiava del suo, compiendo ogni giorni atti rivoluzionari, complottando contro il regime. Il breve racconto, geniale nella sua brevità a dir poco, ci mostra il ritorno a casa dell’eroe, dalla moglie spaventata che ogni sera ne aspetta il ritorno o il non ritorno a casa. -L’avrà fatto anche oggi- si domanda? -Si l’ho fatto- sembra rispondere tacitamente l’eroe alla conserte, facendo capire che c’è un bene più grande da onorare, mentre posa la matita sul comodino e pensa alla frase rivoluzionaria che scriverà domani nei bagni pubblici…”

E forse, proprio per questo motivo, ci sono sempre meno vespasiani, per impedire le rivoluzioni…

 

 

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In attesa del “Nucleo/Caffè per un amico”

I libri, perfino i miei, di solito hanno altri percorsi.

Il “Nucleo/ Caffè per un amico” ha invece seguito un percorso tutto suo.

Prima di arrivare ad essere libro è stato altro:

– innanzi tutto vita, il 33% di questo libro è frutto di quanto è accaduto realmente in un anno, il 2010, l’anno che ha cambiato la mia vita.

-amicizia, questo, inverosimilmente è un libro sull’amicizia che narra in maniera epica/malinconica la gioventù (anagraficamente allargata) della provincia.

– poesia, l’idea originale è partita tutta da una poesia che finora è stata pubblicata solamente sul gazzettino di “Polacy w Trentino”.

– canzone, già, una canzone realmente esistita c’è ed è “Joasia”, che troverete nel cd dei Tomakin. Un’ottima occasione quindi per fare l’accoppiata Cd+libro, non avete scuse per non vivere a pieno questa esperienza narrativa/musicale davvero unica nel suo genere.

– regalo, perché il “Nucleo/Caffè per un amico” è tutta una storia di regali.

Regalo è stata la poesia originale per una ragazza, regalo di compleanno è diventata la canzone, da Alessio a Giovanni per me prima e da me a Joanna poi (il 79% di vita che vi dicevo prima).

Regalo di Natale, il “Nucleo/Caffè per un amico”, nella sua versione grezza lo è stato invece per 4/5 persone che se lo sono trovato nella mail la mattina del 25 dicembre 2010, a conclusione di questa piccola grande avventura.

Regalo inteso come omaggio invece lo è nei confronti di Marco Ferraris, un amico, che trovate nel libro sotto uno pseudonimo affettuoso.

Lui ha vissuto questo famoso 2010, il 79% di reale che trovate nelle pagine seguenti, con il sorriso sulle labbra e nella piena verità del nostro motto:

lotta solo quando ci credi, il resto non conta.

Marco è scomparso, all’improvviso, quando all’improvviso significa sempre e solo “troppo presto” il 25 gennaio del 2011.

A lui va tutto il mio sentito affetto e omaggio.

Perché l’amicizia, quella vera, non è nient’altro che un regalo stupendo.

Fabio Izzo