Ricomincio da To Jest

Questo è un post lungo e noioso quindi se non avete tempo, non soffermatevi troppo perché potrebbe non valerne la pena, davvero, ve lo dico da amico molesto di Facebook. Non metterò nessun tag , un po’ perché non voglio trascurare o offendere con la mia dimenticanza, infatti l’elenco delle persone da ringraziare e troppo lungo e poi, mi piace l’idea che Voi, amici cari, possiate riconoscervi in queste righe disparate e sconclusionate messe insieme nelle prime ore di questo Venerdì che mi vede ancora insonne. In realtà è difficile perfino per me dire perché io lo stia scrivendo tutto ciò, perso come sono in questo angolo di mondo… forse voglio solo rispondere a una domanda che mi pongo da tempo…cosa c’è dietro un libro? Pubblicare un libro è un po’ come mandare un messaggio in una bottiglia, non sai mai verso quali lidi sia diretto e dove possa finire con l’approdare e così fu anche con questo mio To Jest che da due anni ormai mi porta in giro, arrivato com’è in posti dall’ortografia decisamente incerta nella memoria quanto improbabile, da Morbello a Poltava passando per Ovada, Molare, Genova, Trento, Cosenza, Cava de’ Tirreni, Gdansk e Ostrowiec Swietokryskie… un libro fortunato, passato al vaglio da un maestro di breviario e che ha trovato la fiducia di molti… in fondo se ci penso è davvero buffo come la scrittura, la mia debole scrittura emotiva, riesca a convincere la gente a credere in me e, a dire il vero, in questo periodo non sono stati di certo pochi a farlo… tanto che qualcuno mi disse “sei più scrittore di altri!”, beh forse ricordo male e il punto esclamativo non c’era nella nostra conversazione, ma tant’è… Io, davvero, non so come meritarmi sul serio questa qualifica, cerco sempre di essere all’altezza della mia missione, cosa umanamente impossibile, ma semplicemente, posso dire che ci provo, tra un errore di vita e un espediente culturale… scrissi questo To Jest per esorcizzare un po’ di eventi che precipitarono su di me tutti assieme, dalla fine della relazione con Valentina, sono anni che non ne scrivo il nome completo, alla tragica scomparsa di uno dei miei più grandi amici, il Perra e non solo. La composizione di To Jest è stata purtroppo accompagnata da due funerali, il libro è dedicato a Pietro Marchesani che non fece mai in tempo a leggerlo, e due mancati matrimoni miei, niente da fare, scelgo sempre la donna sbagliata o sono le donne sbagliate a scegliere me? Come vedete io e questo libro ne abbiamo passate tante insieme in tre anni. Stavo quindi crescendo e crescere vuol dire, in qualche modo, cominciare a capire le perdite. Ricordo fin troppo bene come sei anni fa, in pochi mesi persi tutto, da Roma ad Acqui e mi ritrovai solo con le nove stagioni di Seinfeld in Dvd, la birra dell’Orso e venti fottutissimi euro nel portafoglio. Potevo mollare, ma come Andrea disse poi in seguito: “ scrivi, perché scrivere è quello che ci ha sempre salvato” e che, forse, aggiungo io, ci salverà sempre. Così mi misi a scrivere e per scrivere mi misi a viaggiare, tornando dove sono ora, in Polonia, una nazione che per me, e spero che non solo per me, è davvero stregata. Ci ho messo tre anni ad elaborare To Jest, fissato com’ero sui piani temporali, sul feticcio letterario di Schulz, perso nei ragionamenti filosofici, cercando di intrecciare il tutto basandomi sempre e solo su una frase della Szymborska. Lo scrissi, lo riscrissi, lo smontai e lo riassemblai, affacciandomi su quel mare, il Baltico, che mi aveva accolto nel mio momento peggiore e che mi aiutò a non mollare. Io ora non so se Cracovia rappresenta per me un punto di arrivo o un punto di partenza ma non ci voglio nemmeno pensare al momento. Per ora so che l’aver scritto questo libro mi permette, per un motivo o per l’altro, di prendermi tre giorni di ferie, cosa non da poco visto che tra un lavoro e l’altro, sono anni che non me li posso permettere. Inoltre so di sicuro che quello che sto facendo e scrivendo al momento non è importante per il mondo, ma è importante per me e, forse, per qualche lettore al momento tutto ciò mi basta. Davvero, mi sorprendo ma è così, per la prima volta mi basta e quel perenne senso di insoddisfazione che mi attanaglia si è momentaneamente intorpidito. Che altro aggiungere? Nulla, ma se martedì prossimo, 17 Novembre 2015, sarete a Cracovia, verso le ore 18:00 potete fare un salto a trovarmi per provare a capire cosa c’è dietro un libro e perché la Polonia è stregata. A questo punto i ringraziamenti per gli assenti sono d’obbligo. Il mio grazie va a: Gordiano, che è stato tra i primi a credere in me. Simone e An To, per le conversazioni e la pazienza che mi hanno sempre dimostrato. Walter, per le discussioni sul testo. Frank, Carlo, o come cavolo ti fai chiamare ora. Andrea per il Grande Johnny e la Grande Umanità. Daniela. Valentina, Diego, Francesco e Bean, per essere una presenza costante. Alessio, Giovanni e Valerio perché la vostra musica e la vostra amicizia sarà sempre la mia colonna sonora migliore. Massimo che è dai tempi dell’Acqui- Genova che mi sopporta e supporta, Stefano, anche se ne va in Corea, Ciccio, perché in fondo Sa che ‘t dise, Sara perché in qualche modo, anche se gli anni passano, trova sempre il modo di esserci. Giovanna che sa cosa vuol dire To Jest. Giusi per i consigli sulle multe e non solo. Danuta per i caffè mancati. Emilia per i suoi sforzi nel promuovermi. Andrea, per tutti i chilometri fatti insieme a nord di Pisa inseguendo un sogno di salvezza che è sempre lì, irraggiungibile, anche se sembra a portata di mano e allora, non ci resta che scrivere.

 

 

 

 

 

Un post natalizio

Vedrai, vedrai, vedrete, vedrete.

Si sta per chiudere un 2014 fatto di alti e bassi, tutt’altro che noioso. Ho avuto modo di viaggiare, grazie a To Jest, tra il sud e la Polonia, da Cava de’ Tirreni a Cracovia, passando per Morbello, Molare, Imperia, Pisa e Torino,

To Jest avrà forse degli strascichi anche nel 2015, se succederà lo verrete sicuramente a sapere, mentre altre avventure letterarie all’estero stanno per avverarsi, nel frattempo sto aggiustando il tiro su quello che sarà il mio prossimo romanzo. Eccovi una breve anteprima:

Eilen.
Chi è oggi Eilen?
Eilen è un paradosso.
Eilen non potrebbe esistere oggi.
Io sono un venditore di sogni e oggi mi voglio vendere il sogno più bello.
Eilen non era la persona giusta nel momento giusto nel luogo giusto, lei era semplicemente la cosa migliore che potrebbe accadere nella vita di tutti
Eilen era bella, bella come la gioventù sa essere.
Eilen era affascinante, affascinante come solo l’esotico sa apparire agli occhi dei provinciali.
Eilen era la scoperta del mondo.
Un altro mondo, con lei, non solo era possibile, ma addirittura esisteva
Eilen era un sorriso in un giorno di pioggia e neve quando dimentichi l’ombrello alla fermata del bus, Eilen era un gruppo di pile che non si scaricava mai, Eilen era un pianto lungo una notte, una messa in un’altra lingua, un semplice sabato pomeriggio pomeriggio passato a lavare i piatti mentre tutto è accompagnato da Getting Better dei Beatles.
Eilen era questo e molto altro. Eilen non potrebbe essere oggi. Eilen in finlandese, perché questa storia è nata sotto i cieli immensi del Nord Europa, vuol dire “Ieri”, come la Yesterday dei Beatles. Per questo motivo Eilen non potrebbe esistere oggi e sì, forse è il più grande rimpianto della mia vita, tanto che la sogno ancora in diversi notti e, quasi clandestinamente, l’ho sognata anche in altri letti con altre lei. Eilen oggi ha un’altra vita e un’altra storia, ma sono felice, felicissimo di poterla raccontare oggi a voi e di sapere che sì, c’è stata e non è stata solo un sogno….

 

In Finlandia, durante le feste di Natale, si usa mettere delle luci alle finestre per far sapere al viandante, al viaggiatore sperso che lì, in quella casa, c’è qualcuno disposto a condividere cibo, calore, auguri e umanità. Potete quindi guardare questo post così, come una luce accesa, un regalo natalizio, un augurio intermittente. Sono tante, tantissime le persone da ringraziare. Chiunque passi di qui è il benvenuto. Buon Natale.

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In alto i calici: To Było, To Jest, To Będzie

Ci ho messo tre anni per scriverlo.
Tre anni in cui è successo di tutto, o forse 36 mesi in cui non è successo proprio nulla e mi sono inventato tutto. In mezzo c’è stato Doppio Umano, libro troppo poco buonista, varie delusione, persone perse per strada e amici ritrovati. Già, mi piace pensarla così al mio ritorno da Cracovia, come dice il buon Borla (tenetelo lontano dai treni), i miei viaggi sono percorsi attraverso i miei libri…

Ho cercato quindi di vedervi tutti, strada facendo, ma era praticamente impossibile, anche se ci ho provato…Ciccio, Massimo, il Papocchio, Wonz, Marco, Ste… qualcuno manca, almeno qui, in questa lista, ma non nei miei tentativi di fare letteratura. A loro e a me brindo per questo successo inaspettato che mi porterà in una terra a me cara, a Cava de’ Tirreni.

In alto i calici: To Było, To Jest i To Będzie!

 

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To Jest: lavori in corso

Attualmente sto lavorando su un libro che dovrebbe intitolarsi “To Jest”, ma eccovi un piccolo assaggio:

 

Ci si innamora sempre di odori, sapori e sensazioni. Gabbie sensoriali costruite per intrappolare attimi. Collezioniamo ricordi chi più chi meno, o almeno ci proviamo. Non possiamo impedire alla vita di andare avanti, possiamo però sbrindellarne il tessuto e tenerci nelle nostre tasche vuote i secondi più preziosi.

 

L’estate polacca diffonde sempre un qualcosa di tragico durante le sue ultime uscite di scena della stagione, come quell’attore in un dramma di Beckett o di Kantor che avevo visto all’una di notte in una replica sulla televisione nazionale.

Chissà che altri parti avrà recitato, quali altri grandi ruoli avrà ottenuto.
La malinconia è il soggetto preferito di troppe mie inquadrature, non so, sarà per via della polverosa danza del vento che sbatte e percuote il tappeto del crepuscolo, illuminato dai raggi solari, che profuma di sale, di mare, di lacrime, di nero, di bianco e della decadenza ampliata del colore.

 

L’estate, qui risulta un unico lungo addio destinato a ripetersi nelle vite d’ abitudine, congelate dal mesto vivere di sempre, laico e profano, ininterrotto nel suo libero scorrere.

 

Le ultime gocce distillate della stagione vengono raccolte nel fazzoletto che asciuga la fronte di quell’uomo incurante di tutto quel che gli succede attorno ma che si preoccupa solo di passarmi alle spalle, frettoloso com’è, nell’attesa di un altro rassicurante inverno.

Le luci accese irrompono sempre più tardi sulla scena e il mondo sembra scorrere ignorante e giocondo dentro le riproduzioni artefatte di se stesso.