Scrivo questo in memoria di me. Questa è la formula che uso per gli avvenimenti importanti. Donald Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti. I presidenti americani io li ho vissuti da Jimmy Carter in poi quindi ho visto, da lontano, anche i due Bush, quello senior e quello junior perché l’America è anche questa e molto altro. Ad esempio, nella giornata di ieri gli utenti di Spotify hanno potuto ascoltare un messaggio audio di Obama, il 44esimo presidente, che invitava gli elettori ad andare a votare. Già l’America è anche questa, il paese della tecnologia e della scienza, dove, come dice Michael Moore, se si potesse votare dalla playstation o dalla XBox,si avrebbero risultati diversi. Ma la realtà è un’altra, la realtà è la passione che viene sempre più a mancare e lascia il posto alla fame. L’occidente sta affrontando i morsi dell’appetito mentre il resto del mondo ha sempre sofferto la fame. Il lato occidentale del mondo si destabilizza già a queste prime solleticazioni ed è purtroppo vero, è semplicemente così. Siamo impreparati ad affrontare una crisi, ricorriamo a procedure, a improvvisazioni, o ad alzate di spalle fataliste. Si diceva di passione che manca, i giovani non vanno a votare, manca la passione politica e quelli dell’età di mezzo, spersi nel virtuale come improbabili eroi della terra di mezzo vorrebbero togliere il “voto agli anziani perché non vivranno il futuro”. Ma è una cosa che già si è sentita ai tempi della Brexit e che forse risentiremo dopo l’esito del referendum renziano da “O la va o la spacca”. Questo si legge in rete e vale per tutte le democrazie. A parte che discriminare per età è pur sempre una discriminazione, io ricordo bene la passione che ci mettevano gli anziani a venire a votare nel mio seggio quando facevo il segretario, cosa che nei giovani mancava. Poi è anche vero che in una società che affronta le emergenze a procedure, a balzelli e a tentativi, l’esperienza e le saggezza non contano. Non conta nemmeno il fatto che i nostri “vecchi” hanno dato, mettiamola come volete, 40 anni di contributi ad esempio, ma è solo un esempio, educazioni universitarie ai figli, sacrifici, case e risparmi, sì, hanno dato e quello che vorrebbero fare i figli edonistici è togliere. Siamo una società che non sa dare, che nasconde il caporalato digitale dietro alla share economy, che ricicla termini come condivisione, perché la cosa, come la politica, deve restare in comune, cioè io un piede dentro ce lo devo tenere, non posso mica solo dare. Così sembra strano che Trump nel suo discorso non ringrazi la famiglia, la moglie e i figli, ma perché dovrebbe farlo? Per far vedere che è la solita solfa? Che la politica è famigliare, peggio che una station wagon usata? Sorrido mestamente mentre ricordo che in America, negli anni, gli insegnanti di colore sono stati decimati, non vi fa pensare questo? Strano, vero? L’educazione americana è stata riformata anche così, dai Bush a Trump e si dà la colpa ad Obama. I disastri si sedimentano nel tempo, non esplodono a caso. Trump è uno che ha parlato con la gente, Hillary no, lei parlava alla gente. Questa è la differenza. Trump è andato nelle fabbriche a parlare, mentre Hillary aveva l’endorsement di Madonna e del sesso orale, e per carità a parlare di sessismo in questa occasione, va tutto bene se i Wasp politicamente corretti giocano boccacescamente. Siamo così chiusi nei nostri altari, pulpiti di Facebook a predicare che non sappiamo più parlare con la gente, ascoltare le loro paure e cercare di sollevare le loro ansie, per noi è meglio condividere che dare e questi sono i risultati. Trump non condivide le paure di nessuno, non condivide le ansie, ma dà, o perlomeno ha dato, sentimenti, emozioni, passione, contrastanti vero, ma è stato più umano dell’umano. E in chiusura vi dico che quello nella foto, no, quello nella foto non è Donald Trump