Ieri ho ceduto. Ho partecipato a una di quelle riunioni di famiglia che cerco sempre di evitare. Ho ceduto, non so perché, forse per gli 80 anni di mia zia, non si compiono mica tutti i giorni. Ero forse curioso di vedere come si arriva a 80 anni? Allora ne ho di tempo. Ho ceduto perché l’alternativa sarebbe stata lavorare, sì anche di domenica e forse perché la solitudine di questi ultimi mesi è davvero troppo imperante.
Alla fine sono tornato ad un paese che non vedevo da anni. Forse l’ultima mia visita risale ai tempi del servizio civile, eoni fa. Sta di fatto che, passeggiando per la piazza principale, mi sono sentito un turista, in grado di meravigliarsi, seppure per qualche secondo. Poi tutto è cambiato quando le assenze,che mi ricordano perchè quel paese, nella mia memoria, è diventato Senzadio, cambiando una lettera per cambiare tutto, hanno cominciato a farsi sentire. Non c’è più il gelataio, non c’è più l’amica di mia cugina che aveva un debole per me e non c’è quel vecchio gracchiosissimo stereo acceso che, con la sua musica classica in vinile, accompagnava le mie antiche domeniche primaverili…
Sono anche tornato allo stadio e ho visto che in qualche modo il legame di sangue con quella squadra continua, i cui colori erano prima il giallo e il verde, mentre ora giustamente sono neri. Proprio su quel campo feci una delle mie prime scelte. Era una vita fa, calciando un pallone di cuio stracciato. La sfera imperfetta finì sulla traversa, ricordo ancora il suono sordo dell’impatto esploso nel silenzio di un campetto di periferia alle soglie del crepuscolo. Fu proprio lì che decisi di diventare un collezionista di ricordi…