Schizzofrenia Pop

Almeno ora ha un titolo, almeno per ora. Ed è un titolo che mi è uscito oggi, dal profondo del mio nulla temporaneo. E’ una storia che per ora si sparge su 40 confuse pagine, che per scherzo del destino riprende il mio periodo torinese ( o almeno parte di esso). 40 pagine tutte discusse con Giulio davanti a 4 caffè, la storia sembra che gli piaccia così tanto che mi chiede sempre a che punto sono. Peccato che sono da mesi fermo a 40 pagine. Tranne che per questo discorso di oggi, questo monologo, questa richiesta nata dal nulla.O meglio nata dopo Varsavia e nata per una ragazza con gli occhi caleidoscopici.

MA eccovi il monologo estrapolato dal suo contesto:

“Non prendermi per pazzo.

E’ già di suo un mondo di folli, votato alla più bastrada delle anarchie, quella dispotica che ti fa credere di poter fare tutto dovendo rinunciare a ogni cosa pur di essere fondamentalmente liberi e praticamente democratici.

Sono un poeta, lo sono stato, e forse non lo sarò mai più in questa valle montagnosa strabordante di parole sprecate e sprecanti nel significato.

Dicevo, non prendermi per pazzo solo perchè devo vedere il mondo, capire il mio mondo sotto questa pelle, lasciandolo scorrere al suono liquido delle mie visioni di carni.

Ti ho sognata prima di averti incontrata, ti ho perduta nel tuo primo istante che ha inondato la mia vita.

Capirò come un verso possa inoltrare al rovescio il mio cammino.

Capirò che a ogni dio si deve una morte e che il sacrificio, quello giusto e rinnegante d’amore, va votato alla libertà.

Non prendermi per pazzo…

Mantova, solo se il destino

Premetto che per me è un periodo abbastanza strano, senza aggiungere altro e così tra il serio e il faceto vengo spronato da due persone ( i colpevoli sono Federico Berltrami e Mivel Antros, cercateli su Fb) ad andare a Mantova al tanto famoso Festival Letteratura, giunto alla sua quattordicesima edizione.

La città che ci accoglie al mattino presto, addormentata sul Mincio, mi ricorda il set di un film di Edwige Fenech (limiti della mia cultura) e pian piano comincia a sciabordare di persone, curiosi o lettori che siano.

Apprendo da subito che la Janeczek ci era stata il giorno prima e davanti ad un caffè stendiamo il semplice piano di una giornata “culturale”e posso rifarmi solo comprando il suo libro su Monte Cassino che almeno trovo da Mel Book.

“Oddio non ci resta che Sandrone Dazieri e Ian Rankin!! (Che con tutto il rispetto non sono nelle mie corde letterarie).

Lo scrittore scozzese si dimostra simpatico, uno di quelli con cui passereste volentieri una nottata in un pub di Edimburgo, e racconta anche qualche anedotto divertente come la sua gioventù da porcaro ma niente da fare, non  riesco a entrare nel club dei lettori di gialli!

Le domande che gli si rivolgono riguardano sempre un certo ispettore Rebus (o qualcosa del genere) e più che a un festival di letteratura mi sembra di essere a un incontro di fan di serie tv.

E poi Rankin ha un accento troppo pulito per essere scozzese, cazzo, lo capisco tutto ed è una settimana che parlo con highlanders e quelli altri non li capivo mai mah….

Dopo la mezza delusione della letteratura commerciale non resta che scegliere se andare ad un convegno su Fernanda Pivano o se fermarci ad ascoltare Paolo Rumiz che parla di qualcosa su Sarajevo che al momento non mi è ancora molto chiaro.

Altro caffè, gentilmente offerto dallo sponsor, e altro consulto.

Non so perchè, io sono un appasionato di Beat Generation e normalmente avrei scelto il convegno sulla Pivano a Paolo Rumiz, i giornalisti scrittori poi non è che li apprezzo molto (gusti personali).

Ma in mente mi tornano le parole di una canzone dei C.S.I.-Cupe Vampe-dedicata a Sarajevo e alle guerre balcaniche.

Mi soffermo a leggere quel che qualche copy lombardo ha scritto sotto l’evento di Rumiz che suona come: un viaggio a Sarajevo, un incontro d’amore, resta solo una canzone e tre anni dopo…

Cazzo, praticamente la storia di ogni mia vita! e i C.S.I:

Di colpo si fa notte e com’è cupo il freddo la città trema e trema tutto

per un momento tutto il mondo così il mio voto cade su Rumiz.

Aspettiamo in coda quando una coda vera e propria non c’è e finiamo dietro a due signori di Rovigo sfidandoci ironicamente per due sedie a chi ha fatto più strada per essere lì, ovviamente vinciamo noi nonostante la presenza a chilometri zero della nostra guida indigena.

Parlando e chiacchierando dall’incendio della biblioteca di Alessandria, evento non proprio remoto, ci chiedono cosa ci sia da vedere ad Alessandria.

– Nulla, chi ci passa lo sa che non c’è nulla.

– Ma non c’è una sinagoga?

– Certo che c’è ma a Casale Monferrato.

– Dicono sia la più bella d’Europa

– E così!

– Lo dicono…

– Fidatevi è così.

– Ma se la settimana scorsa siamo stati a Sabbioneta…

– Fidatevi, io ero a Varsavia al festival dedicato a Singer…

Continuiamo a parlare e scopro che stanno rincomponendo l’archivio delle famiglie ebraiche costrette al domicilio coatto nella città di Rovigo durante la IIGM, aggiungo che dovrebbero leggere anche il libro di Chiodo che parla proprio di queste tematiche anche se riferite all’acquese e mi raccontano del loro ultimo viaggio a Israele dove hanno trovato una testimone.

Una donna che non parla nemmeno più l’Italiano, che non ricorda molto di quello che è stato se non che la paura e la tragedia, e che ha passato i primi tre anni nel suo Kibbutz socialista a pregare ogni sera in italiano, una lingua che non conosceva, quelle tre preghiere che le suore le avevano insegnato e che anni fa le salvarono la vita.

Durante un controllo tedesco lei e altri bambini recitarono il Padre nostro   e questo bastò a salvarle la vita, ora chiamatelo provvidenza, destino o in mille altri modi ma è qualcosa che di sicuro vi resta attaccato sotto pelle per  tutta la vita e allora siete propensi, più propensi a controllare i segni…

Da allora quella signora al tempo bambina, continuò a recitarlo per anni, come un mantra.

-Non ricordava più le parole, l’età il tempo che avanza ma quando le ho detto “il Padre Nostro” le si illuminarono gli occhi.

Arriva poi Rumiz sul palco a raccontare in endecasillabi la sua storia (che potete tranquillamente trovare pubblicata da Feltrinelli).

Una storia di destino, di un amore destinato alla morte accompagnato da una canzone serba/mussulmana.

Rumiz parla e guarda intorno e mi viene spontaneo guardare dentro di  me che in quel momento è un po’ come guardare dentro di lui ed ecco che escono fuori le coincidenze, le interpretazioni del destino:

la Gallizia polacca, Bruno Schulz (nemmeno nominato ma si sente che il Messia sommerso c’è ed è presente), l’incontro di una notte, gli occhi neri, la danza della vita e un arrivederci tra due amanti che profuma tristamente e immensamente d’addio.

Il tizio di Rovigo mi chiede – Ma davvero, capisci?

E’ una domanda retorica la sua ma la mia risposta è invece una risposta del destino:

Purtroppo capisco tutto davvero e fino in fondo.

Non ho comprato il libro di Rumiz, non mi piace comprare libri per farmeli autografare, ma mi sono fatto una promessa: tra tre anni leggerò quel libro e ci metterò un finale diverso

Thatcher special

Dear poet

You contributed to a Thatcher Special to be released on the day she kicks-the-bucket…

I’m delighted to say a poem of yours has been included.

We had over 400 poets contribute so have had to restrict it to one poem per poet…

The collection is 40 pages long with a wonderfully appropriate full-colour cover… the other poets in the collection are listed below.

Bob Parker

Steve Ely

Dee Rimbaud

Gabriele Quartero

Fabio Izzo

Steve Fowler

Christopher Barnes

Alan Gibbons

Kevin McCann

Harry Wilkens

Jane Barnett

Jan Oscar Hansen

Alan Corkish

Matt Routledge

David Bateman

Oliver Nejad

Ray Gregory

Paul Kelly

Andrew Graves

ed waugh

David Turner

Sam Smith

Jim Devlin

Rupert M Loydel

bart sonck

Tom Kelly

Alice Collier

Jacqui Dunne

Carol Fenlon

Andrew Taylor

infannity

Dave Migman

Brian Carlin

Liam Jones

Peter Branson

Ray Gregory

Richie Mais

Chris McCabe

Lionel Welch

Robert Cole

Poetry Journal:www.erbacce.com

Publishing House: www.erbacce-press.com



La foto di Bruguel

Questa è un anteprima di un romanzo ormai concluso che giace da qualche parte. Non so se vedrà mai la luce ma anche se non fosse splende qui il suo piccolo incipt che posto giusto per salutarvi prima di questo mio piccolo week end d’estate, dove brucerò tutta la stagione estiva in tre dannattissimi giorni di viaggio:) Un saluto e vi lascio con la curiosità per “La foto di Bruguel”.

Il Belgio è un fazzoletto cosmico che assorbe i dolorosi colori dell’umanità.

Lembo di terra privato di altezze e in questo modo, senza difese, vi approda la storia delle sue genti.

Molte le lingue che scorrono solcandone le differenze.

La Vallonia, le colline delle Ardenne del cavallo Baiardo, le province delle Fiandre, di Anversa, del Liburgo, fino al Brabante.

Tutto ebbe inizio lì, quando ad un vecchio pittore ormai stanco, uscì fuori la tela con due scimmie….