Titans, una seconda stagione sulla desolazione della famiglia Dc

Ho appena finito di guardare la tanto attesa seconda stagione dei Titans e così, ne scrivo un po’.

I Titani della Dc, gruppo composto principalmente da spalle, vedi i vari Robin, Wondergirl, Aqualad e Superboy, stanno diventando grandi e si lasciano così alle spalle quell’aggettivo Teen che, almeno per ora, è relegato alla serie cartoon dove nelle loro fila milita Cyborg. In questa serie Netflix non c’è nemmeno la Torre dei Titans, almeno non come la vorrei io, perché la torre qui c’è ma senza l’originale forma a T, insomma le cose anche qui cambiano e in realtà precipitano sempre un po’ di più.

Avevamo lasciato i Titans al termine della prima stagione alle prese con la “solita” fine del mondo. Trigon, il padre di Raven,  un demone extradimensionale, è tornato a reclamare quello che è suo: la distruzione totale.  Dopo di lui, seguirà il nulla, almeno per noi. Ogni commento è superfluo. Ma per riuscire ad annichilire il creato il buon Trigon deve prima spezzare il cuore della figlia. Ecco, ci siamo: infatti la seconda stagione ruota intorno ai mancati ruoli genitoriali. Dove sono i padri? E le madri? Così ecco sfilare i peccati di Bruce Wayne, della società matriarcale delle amazzoni di Themyscira e dello stesso Deathstroke. Per gli sceneggiatori della serie la rappresentazione classica di un genitore è quella mostrataci dalla scienziata Eve Watson. Responsabile del progetto 13 e del cane Krypto, scienziato che passa le sue serate in vestiti rossi alla moda avvinazzandosi a più non posso senza voler affrontare troppe responsabilità, almeno fino all’improvvisa genitorialità.

Il progetto 13 è un clone metà Superman e metà Luthor… si chiama Conner ed è colui che vestirà i panni del nuovo Superboy dopo essere stato indirizzato in maniera abbastanza confusa dalla madre di laboratorio, la dottoressa Watson, elementare, che prima vieta al giovane di usare i poteri e poi gli permette di fare l’eroe, per la serie, ebbene sì, puoi uscire a giocare in cortile sei ti copri. Conner dopo un po’ di guai si unisce, insieme ai Titans e osserva la morte di Wondergirl che si immola sotto un traliccio della luce per salvare Dove di Hawk & Dove. Cioè, il metà clone di Superman sta lì a guardare? Quanto è credibile? Poco o nulla.

Gestire Superboy in un gruppo del genere non è facile, si è scelta la versione meno potente di The Reign of Superman, ma … la morte di Donna Troy era senz’altro evitabile da un personaggio del genere. Infine, con la perdita dei poteri di Starfire, perdendo Raven, senza Jason Todd, i Titans del finale restano solamente un gruppo di picchiatori…

 

 

Breve storia natalizia sulla proprietà transitiva di un Ted meeting

 
L’anno scorso ricapitai a uno di quegli eventi “Ted”, quei meeting rampanti che fanno sempre molto trendy dove i discorsi salvifici riscaldano le anime ed è sempre molto cool esserci perché ci trovi qualcuno che ti indica la strada sul vivere bene.
All’epoca mi piaceva molto l’idea poi di partecipare a un “Ted Kazimierz”, cosa che dal mio punto di vista si presentava come un ossimoro intenzionale perché. Kazimierz, per chi non lo sapesse, è il quartiere ebraico di una grande città descritto nelle guide turistiche come bohemien. Di certo non è uno Shtetl, il villaggio ebraico dell’Europa dell’est dove il sarto era un poeta e il barbiere un filosofo e viceversa, ma lo spirito dei tempi quello passa a noi anime sperdute. Pensai quindi che tutto era molto bello, cool, trendy, giusto e fico al punto giusto, almeno fino al discorso della scrittrice che in quell’occasione confessò al pubblico di riuscire a scrivere un libro in un mese.
In un mese? Ventotto, trenta o trentuno giorni, dipende dall’umidità. Non so poi se le domeniche vengano automaticamente incluse o meno, direi di no perché per legge in Polonia si lavora solo una domenica su quattro. Questo se lavori in un supermercato perché è una cosa religiosa, la legge, non il supermercato. Comunque io a scrivere un libro ci impiego anni, domeniche incluse ma alla fine lì per lì non h nulla da ridire. Per essere apprezzato da tutti non devi avere nulla da ridire, mai, tutto deve andar bene, in un modo o nell’altro. Tornando alla conferenza arriviamo alle solite domande del pubblico, rito di circostanza. Qualcuno tra la folla chiese: Cosa è che dà la libertà? La risposta fu: i soldi.
 
Avrei voluto alzarmi e dire qualcosa tipo, ma scusi quelli fino a poco fa non davano la felicità. Poi pensai magari che per qualcuno la felicità, la libertà e i soldi erano in fondo la stessa cosa. O almeno ti invitano a parlare a un evento Ted se il mondo lo vedi così e per questo motivo nessuno mi aveva invitato mai a parlare a un evento Ted. Fu così che me ne tornai a Kazimierz a bere una birra in un pub, pagandola, con quei soldi che danno la felicità, proprietà transitiva o meno

Prefazione di Sergius Piasecki da “Nessuno ci salva”

“…Ho scritto questa Trilogia, spinto dal desiderio di far conoscere agli uomini i loro fratelli, gettati fuori dai margini della vita, e di venire in aiuto di questi diseredati, di queste disgraziate vittime della sorte, descrivendo la loro tragica esistenza.

Ho avuto molte occasioni di confrontare l’etica dei ladri professionali con quella di gente la cui onestà è puramente meccanica e convenzionale. Uso quindi il termine etica, non in ciò che può avere, e generalmente ha, di esteriore e di formalistico, ma nella sua accezione più profonda. Il confronto risultò decisamente a scapito degli “onesti”. Un uomo che la sorte ha gettato nella miseria, che porta la sua “croce” sul cammino impostogli dalle nostre leggi, messo al bando dalla società e fatto segno al pubblico disprezzo, se ha un carattere, una volontà e un cuore, è un essere umano a cui è stato fatto un grande torto. Un individuo “onesto”, invece, che messo alla prova dimostri di essere un inetto, un traditore e un codardo, gode talvolta dell’attributo di onesto soltanto perché non si è mai trovato nell’occasione di dimostrare ciò che vale realmente. La guerra, la schiavitù politica e la lotta per la libertà ci hanno insegnato molte cose, e io credo che ora potremo meglio e più profondamente valutare gli uomini.

Possa questo libro servire agli storici del costume, agli psicologi, agli studiosi di criminologia e di sociologia. Possa aiutare i nostri fratelli diseredati a reclamare i loro diritti. Anch’essi, gli sbandati, i fuorilegge, sono stati sulla barricata, anch’essi hanno lottato per la difesa dei loro e dei nostri diritti. Tra le loro file ci sono stati pochissimi disertori, e forse non ce ne sono stati affatto. Io non ho conosciuto neppure uno. Tra i loro severi giudici, invece…basta, meglio non parlare di loro.

Coloro che pronunciano con compiacenza le parole: frode, contrabbando, estorsione, non calchino troppo sulla parola “ladro”. Io conosco delle parole più terribili, come tradimento, spionaggio, sadismo, codardia, tirannia…Il confronto potrebbe portare a conclusioni spiacevoli.

Bisogna impedire che nei Tribunali, dove persone soddisfatte della loro sorte, istruite e benestanti giudicano severamente un povero diavolo che la vita ha cacciato nel più buio e nel più cieco dei vicoli, Stana si sbellichi dalle risa. Al banco del giudice, al posto dell’indifferente e spesso insipiente “laurea”, al posto del rigido e altezzoso rappresentate della legge, segga un agente della civiltà, un portavoce dello spirito. Satana, rannuvolato, se ne tonerà all’inferno, voi tutti sarete meno disprezzati e meno considerati “merli”, e sulla barricata della Civiltà dove per essere liberi hanno lottato accanto a voi il ladro e la prostituta, vi ritroverete ancora come fratelli. Dopo la vittoria su quest’ultima posizione, non vi saranno più delinquenti professionali!

Prefazione di Sergius Piasecki da “Nessuno ci salva”

« E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore. Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s’avvicina l’epoca della vendemmia. »
(da John Steinbeck, Furore)