Alle quattro del mattino
Dai versi della Szymborska apprendiamo che
“Nessuno sta bene alle quattro del mattino.
Se le formiche stanno bene alle quattro del mattino
– le nostre congratulazioni” .
Verosimilmente, questi versi, potrebbero descrivere lo stato d’animo di Miłosz alle 4 del mattino del 9 ottobre 1980. In quel preciso momento il telefono di casa sua squillò. Una telefonata era partita dalla Svezia per avvisarlo della vittoria del premio Nobel per la letteratura appena vinto, le congratulazioni furono rimandate tanto che lo stesso Miłosz rispose: “Non può essere vero” , commentò all’interlocutore, pensando forse a uno scherzo di cattivo gusto, poi riattaccò e tornò a dormire.
Almeno questo è quanto era solito raccontare lui stesso a proposito, romanzando, forse, l’accaduto. Dagli anni ’60 Miłosz lavorava come docente a Berkeley, presso l’Università della California, dove invitò poi a insegnare anche il poeta lituano Tomas Venclova. In America Miłosz era praticamente sconosciuto come scrittore; solo alcune sue opere erano state tradotte in inglese mentre in Polonia i suoi scritti erano stati vietati a partire dalla sua defezione del 1951. Certo, nell’Europa orientale qualcuno lo ricordava con antipatia avendolo etichettato come un traditore, mentre altri invece nutrivano un profondo affetto e una sincera ammirazione per i suoi versi. Grazie a quest’ultimi il suo lavoro continuò a circolare in Patria, ovviamente non attraverso la distribuzione dei canali ufficiali, ma in alcune pubblicazioni clandestine.
La voce dei pensieri segreti
Negli anni ’60 e ’70 il nome di Miłosz, negli ambienti ufficiali, era praticamente bandito in Polonia tanto che il poeta nel 1970 confidò ad un suo amico : “Comincio a dubitare sempre di più che la mia esistenza sia come quella di un fantasma in una seduta spiritica. . . che non sa però se i suoi colpi siano poi avvertiti da qualcuno”. Fortunatamente questi dubbi esistenziali non gli impedirono di continuare a scrivere anche se, come lui stesso confidò in un’intervista del 1991 si era già rassegnato a essere “un poeta illustre, soddisfatto di una dozzina di lettori”.
Inevitabilmente, in seguito al conferimento del premio Nobel, molte cose finirono con il cambiare e così a anche i suoi scritti politici riuscirono a raggiungere un numero maggiore di lettori rispetto alla dozzina citata poc’anzi dall’illustre poeta. Opere importanti come “La mente prigioniera” che per lo scrittore polacco Tadeusz Kwiatkowski era “la voce dei pensieri segreti dei circoli letterari polacchi” finirono così sugli scaffali delle librerie di molti paesi. Ma bisogna dire che Miłosz non si interessò solo di politica, anzi nelle sue opere vengono toccati diversi altri argomenti come ad esempio la religione, la morte, il senso dell’esistenza, la natura del peccato e quella del male.
Resistere all’ossessione della scienza
La società dell’epoca, a suo dire, era superficiale, ormai spiritualmente impoverita del tutto, ossessionata com’era dalla scienza e incapace di affrontare adeguatamente la questione del male. Miłosz abbracciava una visione manichea del mondo, realtà che per lui era ostile, tanto che la vita stessa si riduceva a una resistenza continua agli attacchi delle forze distruttive della morte. Miłosz che aveva “resistito” all’invasione nazista del suo paese prima e allo stalinismo poi, aveva imparato a “resistere” creando poesia. Imparò quindi a usare la parola come un vero e proprio atto di resistenza, riversandovi tutta la sua essenza vitale, la sua curiosità, il suo impegno politico e la sua spiritualità.
La Lituania di Miłosz
Secondo Tomas Venclova, traduttore lituano di Miłosz e suo collega a Berkeley, la poesia polacca e quella lituana, nel tempo, hanno avuto uno sviluppo abbastanza simile. Vero è che diversi autori lituani fecero parte del movimento della Giovane Polonia, come ad esempio Juozapas Albinas Herbačiauskasm personalità molto nota a Cracovia, infatti Miłosz lo conosceva anche se non lo ha menzionato nelle sue opere.
Il poeta polacco e i suoi contemporanei cercarono di cogliere le tentazioni del loro tempo, in un tentativo di “opposizione cosciente”, per creare una letteratura “storica” che fosse capace di affrontare adeguatamente le sfide del proprio tempo. Miłosz guardò alla Lituania in modo realistico, sobrio, descrivendolo senza nascondere nulla e senza giustificare nulla, conservandola nella sua memoria come un’arcadia perduta, seguendo il solco tracciato dall’altro grande poeta polacco legato alla Lituania e, in particolar modo alla città di Vilnius, Mickiewicz. Forse questo è l’unico atteggiamento corretto che si può avere verso la propria terra, l’unico vero amore praticabile nei confronti della la propria patria.