Il Nucleo, la Polonia dagli occhi di Fabio Izzo di Marina Bisogno su Caffè News

“Il nucleo” (Il Foglio edizioni) è l’ultimo libro di Fabio Izzo, giovane scrittore italiano con la passione per i viaggi. Le storie, la gente, l’amore per la Polonia: scenari  che preannunciano risvolti appassionanti. Il protagonista incarna l’occhio attento dello scrittore ragazzo, che decide di lanciarsi alla scoperta di un paese lontano e diverso dal nostro. Noi di Caffè News abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’autore per capire le pulsioni delle sue scelte letterarie.

-Una passione smodata per la Polonia?

 Per cominciare riporto le parole di Sante Graciotti, che a me sono arrivate tramite il Professor Pietro Marchesani, traduttore di Wislala Szmymborska, recentemente scomparso: “C’è una patria che si nasce e una patria di elezione”. La Polonia, posso dire è un po’ la mia patria d’elezione. Vorrei poi continuare questa risposta con un estratto del libro:

“La Polonia mon amour. É un paese che torna spesso, troppo spesso nella mia vita. Ancora prima della disgregazione del Nucleo… É d’obbligo aprire una breve parentesi sulla Polonia delle J. Già sono due se ricordate…
La prima volta che la Polonia fece timidamente capolino nella mia vita era una sera di un lontano novembre del lontano 1999.
La lavatrice condominiale del palazzo finlandese dove vivevo era già stata prenotata da tutto il resto del palazzo e così non potevo fare il bucato, cosa di cui avevo necessariamente bisogno visto che ero costretto a indossare gli stessi vestiti, ancora per un altro giorno almeno. La prima volta che la Polonia fece capolino nella mia vita si presentò vestita di nero ed era appena stata mollata dal suo ragazzo. Cominciò quindi a parlare con l’unica persona che in quel determinato momento, in quel locale finlandese, non stava parlando con nessuno. Ok, non sono uno che parla molto di solito e penso anche che l’aver avuto addosso dei vestiti troppo indossati possa aver tenuto lontano molte persone. La Polonia, lei appena mollata, no. Mi si presentò così e ricordo ancora che all’inizio la confusi con la Repubblica Ceca e i suoi castelli che, qualche giorno prima di imbarcarmi per la mia avventura finlandese, avevo visto su qualche televisione locale piemontese. Non ero uno che aveva viaggiato molto e il mio provincialismo andò a esprimersi tutto quella sera al mio primo incontro con la Polonia. Forse, devo dire che fu proprio il mio coraggio dovuto all’essere provinciale che diede vita, morso e slancio a quel che venne dopo. Ma per ora, amico mio ti basti sapere quanto detto, e torniamo al due gennaio duemila e dieci, il giorno che segnava il mio ritorno in quella nazione lontana, per dirla con parole papali, dopo ben otto anni. Ad attenderci tra la neve e la sorpresa dei miei occhi, che andavano sempre più riabituandosi alla disgregazione fatua del Nucleo, c’erano i baffoni stilizzati di Wałęsa nella scritta dell’aeroporto a lui dedicato.
Danzica quindi, per quattro giorni di vodka e cazzate, almeno per me che avevo già intuito inconsciamente qualcosa e avevo deciso di preservare questi momenti, ma non fu così per tutti: Boiler, ribattezzato Boilerowo secondo qualche regola grammaticale polacca sepolta nella mia memoria, galleggiava tra le sue convinzioni ed un’ improvvisa voglia di paternità, mentre bastarono diciotto giri di Wściekły Pies (letteralmente cane pazzo), un composto di vodka, tabasco e succo di lampone, per far sì che tu, amico mio, chiedessi a E. di andare a convivere dopo appena due mesi scarsi di frequentazione sporadica.
Dopo non so quanti altri giri di vodka, arrivò un trilogy da un botto di euro, cifra che dal basso dei miei espedienti culturali non avevo nemmeno mai visto in vita mia tutt’assieme. La tua fortuna, amico mio, sembrò finire quella notte a Danzica perché E., forse con troppo alcool in corpo, rispose “Sì”, dando il la ad una serie di strazianti concerti in do minore che andranno poi a chiudersi solamente nel giugno di quello stesso anno. Perché vi sto raccontando tutto questo? Perché tutto ciò fa parte della disgregazione stessa del Nucleo. Di cosa parlarvi ora? Dunque ah, si potrebbe parlare della piazza in cui mi avete sempre trovato finora”.

 -Perché il “Nucleo”?

Nelle pagine finali viene svelato cos’è il Nucleo, motore di questo romanzo. A livello di titolo non volevo seguire la moda surreale che sta invadendo le librerie, ma volevo qualcosa di forte, di sicuro impatto e facile da ricordare. Per il resto vorrei continuare a far parlare il mio libro, in questo caso nelle parole del protagonista Dante Fante:

“Già, il lunedì ancora una volta non se ne importa. Ma a dire il vero, questa, non proprio è una storia di lunedì, di quei lunedì (tanto per intenderci) odiati negli uffici perché segnano il riprendere della solita settimana lavorativa, il tran tran e la routine. Questa è invece la storia di un altro lunedì. Di uno di quei lunedì che, se assecondati, vi cambiano la vita e vi portano lassù dove ogni piano ben congegnato sembra davvero potere riuscire. Già, un piano. Questa, potremmo dire in altro modo, è la storia di quando in vita mia avevo un piano. Per una volta, la prima volta confesso, ho avuto un piano. Sicuramente non uno dei migliori, ma almeno era un programma da attuare, una strategia da svolgere, una serie di azioni concepite dietro a un minuscolo barlume di senso. Com’è andata a finire? Lo scoprirete tra poco se non sarete troppo annoiati da questo flusso di parole gettato a raccontare le deboli vicende di un “Nucleo” forte. Si vede che il “Nucleo” è cresciuto negli anni 80 e come il tipo dell’A-Team adora i piani ben riusciti. Purtroppo per me tutto è stato abbastanza improvvisato e così mi sono ritrovato a recitare a braccio, un copione al volo, nei programmi della vita. Non è finita bene dicevo e solamente ora posso dire che purtroppo è finita nel peggiore dei modi possibili. Ora che tutto (o quasi) è davvero finito, ma qui l’importante non era il risultato.

In questa storia è stato importante che tutti noi abbiamo fatto del nostro meglio senza pensare minimamente al risultato (anzi in realtà molti di noi già sapevano che sarebbe potuta finire solamente male) e il mondo, posso dirlo con convinzione, va avanti anche grazie a persone come loro. Chi siano questi “loro” lo scoprirete strada facendo e se ancora vi state chiedendo: “Cos’è il nucleo?” la risposta è “ tutto e nulla… una famiglia o molto meno, un contenitore o poco più”. Il nucleo è quanto di più importante ci sia stato al mondo finora. Posso dire di essere riuscito a restare al mondo grazie alla sola presenza del nucleo, generatore di un campo gravitazionale protettivo. Ma il nucleo ha ormai i suoi legami corrotti e laceri anche per parte mia. Avrei voluto dire “colpa”, ma poi all’improvviso non mi sembrava la parola giusta. Qui dentro ci trovate i nostri giorni, i nostri tentativi (disperati o meno), le nostre tracce di resistenza in una provincia digitalizzata che usa internet per rimorchiare (poco e male) su computer dove I tunes risulta regolarmente troppo pesante come programma e finisce con impallarci tutto, lasciandoci così a guardare i video su You Tube e a comporre romanticamente le nostre canzoni per ragazze molto più pragmatiche di noi.

Dentro al “Nucleo” ci sono le nostre convinzioni, nate dai libri e dalle canzoni, dove l’amore è tutto o nulla, a seconda dei momenti. Non c’è la droga e non c’è il sesso, ma c’è tanto rock n’ roll. Ci sono le stesse tentazioni e tutte le passioni che smuovono le anime dannate. É una storia di bravi ragazzi, bravi davvero a complicare le cose e a non trovare il loro posto al sole. A tutti loro, me per primo, manca qualcosa.

Sembriamo usciti dalle brutte pagine di un oroscopo d’inizio settimana, già dall’oroscopo di un lunedì…

C’è a chi manca l’amore, a chi il lavoro, a qualcuno la salute e così via dicendo. Ma siamo qui, a fare del nostro inutile meglio tra una notizia deprimente al telegiornale, una strage di città e un amore lasciato in qualche lontano aeroporto. Siamo qui, artisti del nulla: con una chitarra, una moto, una penna, una birra, persi dietro a mille e duecento venti sogni che da sempre bagnano le nostre notti tristi.

Siamo qui a inventarci tutto quello che ci manca, dall’amore, al lavoro alla salute e così via perché anche quando ci chiedono “Come va?” e vorremmo dire che va tutto a puttane, che è uno scatafascio questo paese e che va di merda, ingoiamo la nostra dignità e tiriamo fuori la nostra fantasia per dire “Bene, grazie”, perché solo chi ha fantasia può pensare ancora che le cose qui vadano bene. Ad ogni modo, semplificando tutto, posso dirvi che è la storia di una canzone. Di come scrissi quella canzone e del suo perché. Ed è sempre la storia di una ragazza che diventa donna, lontano da me.

-Qual è il suo rapporto con la scrittura?

E’ rifugio, è fonte di vita. Penso che per ogni scrittore il gesto stesso, l’azione dello scrivere, sia fondamentale: una dichiarazione di vita. Apprezzo sì la rivoluzione digitale, anche se per me scrivere è macchiarsi d’inchiostro. L’ossigenazione che la prosa riceve dalla manualità di una semplice penna è molto diversa da quella freneticamente imposta dai tasti di un pc.

-Sta girando tra gli scaffali di una libreria e scorge il suo libro. Un buon motivo per acquistarlo?

Per convincere qualcuno ad acquistare o a leggere “Il Nucleo” vorrei raccontare la storia stessa del libro, che trovo di per sé interessante. Dovete sapere che i libri, perfino i miei, di solito hanno altri percorsi.

Il “Nucleo” ha invece seguito un percorso tutto suo. Prima di arrivare ad essere libro è stato altro:

– innanzi tutto vita, il 33% di questo libro è frutto di quanto è accaduto realmente in un anno, il 2010, l’anno che ha cambiato la mia vita.

-amicizia, questo, inverosimilmente è un libro sull’amicizia che narra in maniera epica/malinconica la gioventù (anagraficamente allargata) della provincia.

– poesia, l’idea originale è partita tutta da una poesia che finora è stata pubblicata solamente sul gazzettino di “Polacy w Trentino”.

– canzone, già, una canzone realmente esistita c’è ed è “Joasia”, che troverete nel cd dei Tomakin. Un’ottima occasione quindi per fare l’accoppiata Cd+libro, non avete scuse per non vivere a pieno questa esperienza narrativa/musicale davvero unica nel suo genere.

– regalo, perché il “Nucleo/Caffè per un amico” è tutta una storia di regali.

Regalo è stata la poesia originale per una ragazza, regalo di compleanno è diventata la canzone, da Alessio a Giovanni per me prima e da me a Joanna poi (il 33% di vita che vi dicevo prima).

Regalo di Natale, il “Nucleo”, nella sua versione grezza lo è stato invece per 4/5 persone che se lo sono trovato nella mail la mattina del 25 dicembre 2010, a conclusione di questa piccola grande avventura.

Regalo inteso come omaggio invece lo è nei confronti di Marco Ferraris, un amico, che trovate nel libro sotto uno pseudonimo affettuoso. Lui ha vissuto questo famoso 2010, il 33% di reale che trovate nelle pagine seguenti, con il sorriso sulle labbra e nella piena verità del nostro motto: lotta solo quando ci credi, il resto non conta. Marco è scomparso, all’improvviso, quando all’improvviso significa sempre e solo “troppo presto”, il 25 gennaio del 2011. A lui e al Professor Pietro Marchesani va tutto il mio sentito affetto e omaggio. Perché l’amicizia, quella vera, non è nient’altro che un magnifico regalo.

 

potete leggere l’articolo completo di Marina Bisogno su Caffè News

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