John Fante: e il Markettaro ride

John Fante è un autore che ho amato molto, lo cito sia in Balla Juary e il protagonista de “Il Nucleo” si chiamava, tanto per intenderci Dante Fante.

Premesso poi che sono convinto che Fante, in Italia, venderebbe anche con il mio naso in copertina, volevo spendere due parole e dedicare un post al caso della foto sbagliata. Infatti l’ultimo volume einaudiano, cioè uscito ieri, dedicato all’epistolario (1932-1981) dell’autore italo- americano, invece di mostrare il papà di Arturo Bandini mette in bella mostra l’immagine di Stephen Spender, poeta e saggista inglese.

Hmm che dire? Il materiale ripubblicato è facilmente reperibile nel mercato dell’usato, certo c’è una nuova prefazione, forse è stato anche ritradotto (ma non è forse meglio leggerlo in originale se si può?), tanto che nello screenshot lo trovate messo in vendita a solo 9 euro, pubblicato da Fazi anni fa (correva l’anno 1999)… Quel che vien da pensare è il marketing: il nemico più subdolo del lettore… si crea a tavolino l’errore da spargere ai quattro venti sui social network e così la prima tiratura, che ricordiamo essere sempre einaudiana, quindi non parliamo di sicuro di 100 copie, finisce in poco tempo perché l’avventato avventore alla fine pensa di aver comprato un pezzo da collezione, come il Gronchi Rosa (letto su twitter) accammallandosi di fatto un libro da 24 euro, non di certo indispensabile a queste condizioni.

Screenshot_2

La poca comprensione del compressore napoletano

Nella vicenda di Napoli c’è qualcosa che non quadra. Già non quadra perché se un ragazzino di 14 viene insultato e ridotto in pericolo di vita solo per essere “rotondo”, grasso, sovrappeso, con le ossa grosse o obeso (come meglio preferite), dovremmo tutti cominciare ad interrogarci.

La nostra società non è nemmeno più basata sull’immagine, ma è trascesa oltre e si fonda, o per meglio dire “affonda”, sull’apparenza.

Viviamo in epoche veloci dove un’immagine può essere vista simultaneamente in tutto il mondo, quindi il fattore tempo è ormai marginale per quel che riguarda la comprensione visiva e, ahimè, non.

Non si ha tempo per concedere una seconda possibilità, figuriamoci se qualcuno vuol concedervi un secondo sguardo. A tal proposito trovo emblematico, in tal senso, l’esposizione odierna, da parte di un quotidiano nazionale che, dovendo proporre ai suoi lettori una notizia americana di morte assistita, in prima pagina ha deciso di ricorrere all’ utilizzo della foto meglio riuscita della protagonista corredando l’articolo interno con un’immagine meno perfetta e decisamente più reale, nascondendo così i chili in più della donna.

Insegnano forse questo ai giornalisti? Non so. Sta di fatto che il grasso, oggi giorno, è bandito dai media ed è una battaglia culturale persa. Culturale poi? Se parliamo di salute è tutto un altro discorso ma la rappresentazione di un modello distante dalla realtà può essere questo definito cultura? Una società basata sull’apparenza non può che produrre mostri dentro. Chiudo il mio post con una frase
della scrittrice Amélie Nothomb, proposta in Italia da Voland: “Gli obesi mi affascinano: si scontrano con il diktat della società di dover essere magri”.

Compressore

Sad Shell Funeral

Stolen ripped friend
alone in the end
Venus, Botticelli
poems and gasoline
Welcome to a sad shell funeral
near the sea  locked to the water
there no mother
never mention credit’s father
with no measure born
as a sad shell
music from undersea drummer
lost Atlantis’ citizen prayer
sad shell funeral
in a forgiven language
motor’s engine supernatural

 

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Why Kerouac Matters

Why Kerouac Matters è un libro che sto leggendo, al mattino, in questo particolare momento della mia vita. Il momento è particolare di suo perché posso leggere solo al mattino. In realtà ho, a volte, un’oretta anche alla sera, ma preferisco leggere dei fumetti perché la mia attenzione dopo 10 ore di pc è in fase decisamente calante.

Ad oggi, 22 gennaio 2013, non ho fatto molte cose importanti. Ho mandato delle mail e non ho ricevuto risposta.
Sono andato alla messa in ricordo di un mio amico scomparso. Ho finito di leggere un libro, il primo dell’anno, la biografia di Adam Mickiewicz pubblicata da quel mirabile editore che era Formiggini.

Giro e rigiro il mio pensiero attorno alle tre o quattro questioni fondamentali del mondo occidentale, a volte riesco a trovare anche un quinto problema tutto mio, ma solo se sono particolarmente profondo, altrimenti le giornate si susseguono identiche tra loro, una dietro l’altra, senza risposta.

Poi scopri che Keroauc è importante, più di quel che pensavi.