Mertens offre calcio champagne alla Seria A

Da tempo non scrivo sul Napoli eppure è uno dei miei argomenti preferiti stando alla mio mini bio su twitter. Ci è voluto Dries Mertens per farmi passare la nuttata del blocco dello scrittore.
Mertens incanta, offre bollicine di Champagne e io, non posso fare altro che omaggiarlo, scrivendone.

Il Napoli ha vinto all’Olimpico, contro la Lazio, dopo aver passato un tempo a guardare gli avversari giocare, poi nella ripresa si è scosso, trovando il pareggio con Koulibaly, passando poi in vantaggio con Callejon e chiudendo il tutto con il gol maradoniano di Mertens, a cui si è aggiunto poi anche il quarto gol su rigore di Jorginho.

La perla di Mertens, il pallonetto, la palommella, è cosa che dovrebbe stare su Trip Advisor, dovrebbe infatti diventare un luogo delle meraviglie trascendendo dai limiti della temporaneità.
Il belga ha dimostrato di avere classe e gol nelle vene, di possedere un senso radar nella nuca che gli permette di vedere la porta in qualsiasi situazione. Un gol del genere lo si è visto fare solo a Diego Armando Maradona e all’Olimpico, ieri sera, i tanti paragoni si sono sprecati dopo i vari: “Oh Mamma”, cioè la reazione spontanea e genuina che si è avuta alla terza rete del Napoli.

Il numero 14 degli azzurri abbandona  così anche le esultanze romane polemiche e dopo la sua gemma si è fermato a brindare davanti alle telecamere, rendendo omaggio al suo calcio champagne : “Bevete tutti, offro io!”, sembra voler dire.

Stiamo parlando di un giocatore atipico, voluto da Benitez, spesso considerato buono solo per spezzare una partita, da utilizzare per 20 minuti, per far saltare il banco, a partita in corso. Veniva usato a destra o a sinistra in alternanza più con Insigne ma anche con Callejon, poi successe l’inaspettato. Un anno fa. Higuain se ne andò alla Juventus e Sarri inseguì inutilmente Icardi per un’estate. In campo andò Milik, fino a quando non si ruppe in nazionale. Gabbiadini non riuscì mai a entrare nel sistema sarriano e il Napoli privo di prime punte arrancò tra campionato e Champions per un mesetto intero.  Poi Maurizio Sarri accantonò i droni difensivi e la caffetteria per andare a guardare il belga negli occhi, da uomo a uomo: “Giocherai tu, sarai un falso nove”. L’illuminazione fu questa. Piazzare Mertens di fronte alla difesa, avversaria. Un anti Pirlo azzurro: uno che sa dettare i tempi dell’attacco, infilare gli avversari per linee orizzontali e sa dialogare stretto con i compagni nei coriandoli di campo lasciati dai difensori avversari. La metamorfosi è sorprendente. Gli occhi della tigre hanno fatto il resto. A fine campionato il belga arrivò ad un gol dal titolo di capocannoniere della serie serie A, lui che non aveva mai giocato da punta. La fame di gol, la voglia di arrivare lassù dove non era mai stato, sono le motivazioni migliori per questo calciatore che si era stufato di ricevere solo tanti complimenti. Dall’acqua minerale del “è bravo ma non decisivo”, ieri contro la Lazio, è finalmente passato a stappare lo champagne.

Grazie di cuore Dries!

 

Flash a-ah, re dell’impossibile

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Da Wikipedia a You Tube il passo è breve perché la consultazione digitale ormai non è solo più testuale ma si lega anche alla dimensione dei video. Così cercando documentazione sparsa per un libro “sghembo” finisco su Flash Gordon, pubblicato in Italia come Gordon Flesce, sì, maccheronicamente così, almeno quello è quanto afferma wikipedia, però di tracce di questa denominazione non ne trovo, così decido di dare per scontata la bontà della segnalazione anche perché come cantano i Queen, Flash è il re dell’impossibile. L’ipertesto non è mai troppo lineare e dall’italianizzazione forzata del nome straniero in epoca fascista passo al film degli anni ’80, riportato alla luce dal film politicamente scorretto di “Ted”.

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Ovviamente c’è un lungometraggio intero, uno dei primi film di fantascienza da me visto, o per meglio dire intravisto, perché veniva trasmesso di sera e non potevo stare alzato fino a tardi. Tardi, all’epoca erano le ore 22:00 circa, penso di ricordare così. O almeno così ricordo che Flash Gordon, quel Flash Gordon dei Queen, di Ornella Muti e di Mariangela Melato, lo vidi una domenica pomeriggio estive, chissà perché le domeniche pomeriggio estive dell’infanzia sono la giornata ideale, nel televisore a tubo catodico della cucina, oggetto a cui mi ero affezionato e volevo un gran bene perché mi metteva in comunicazione con altri mondi fantastici capaci di spostare le colonne d’Ercole della mia fantasia. E forse ero più contento di adesso perché tutto appariva decisamente più chiaro. Almeno così mi sembra di capire ora guardando l’epopea fanta scientifica dei film americani che stavano per saccheggiare l’opera letterari di Philip K. Dick, Blade Runner segue Flash di solo due anni, ma tra storia, trama ed effetti speciali, fa corsa a parte perché la fantascienza mainstream a stelle e strisce era tutta un’altra cosa. A cominciare da Interceptor dove Mad Max viveva in un futuro post apocalittico nucleare, le ombre della guerra fredda arrivano fin qui, futuro che ricorda molto quello di Hokuto No Ken popolare manga, ad esempio, dimostrazione che da sempre inventiamo poco o nulla. A fare paura era sempre e comunque il futuro, anche in film come Tron e Terminator la tecnologia finiva con l’avere la meglio sulla vita reale. Sia la realtà virtuale che le componenti robotiche avrebbero presto soppiantato il ruolo del creatore, del loro creatore, cioè l’uomo, non Dio, perché solo un essere fallibile come l’uomo riesce a farsi soppiantare dal proprio operato, mentre Dio…beh questo discorso teologico lo lasciamo da parte magari per un altro post…
Ma non di solo fili elettrici e di oggetti d’uso quotidiano che perdono la loro funzione principale per finire con il domarci viveva il cinema di quel tempo, infatti gli anni 80 era gli anni della Guerra Fredda, al di là e al di qua del muro. L’America mostrava i muscoli agli alieni, spaccava grugni, ossa ed esoscheletri a forza di esplosioni di colpi provenienti da armi, non più tanto avveniristiche ormai, ai mostruosi esseri di Aliens. John Carpenter smascherava da par suo il pericolo della propaganda nel suo Essi Vivono, mentre film come Il mio Nemico, cercavano di mostrarci più da vicino la mostruosa amiciza degli altri. C’era anche Superman certo, ma Superman in America ci è sempre stato…
Torniamo ora a chi era destinato a salvare tutti noi giocando semplicemente a Football, americano, ovviamente.

Flash Gordon è un giocatore di football, scelta che ora fa sorridere ma che di sicuro per l’epoca era meno ingenua di quel che si possa pensare, perché l’eroe di Alex Raymond sfida e combatte un imperatore alieno solo con il suo coraggio, i suoi muscoli e la sua strategia, tutte abilità che rientrano nel repertorio del perfetto Quaterback. E poco importa se Ming, l’imperatore alieno ha un nome duro e cacofonico, è un dittatore militaresco spietato e ha dei baffetti di dubbia provenienza mentre Flash dalla sua tuta giallo e rossa, passa nel film a un completo bianco e rosso, e se non si invade la Polonia, manca davvero poco, direbbe Woody Allen. Flash Gordon, il film, è un polpettone pop nel vero senso della parola, pretestuoso quanto imponente negli sforzi, kitch e impotente nella realizzazione. Un cast stellare, una colonna sonora da urlo o da urletto, chi non ricorda il Flash Ah- Ah di Freddie Mercury. Poi fondali, fondaloni, gag tra uomini falco, accenti politicamente scorretti, guardatelo in originale velo consiglio. Tutto ciò fa di Flash Gordon il re dell’impossibile.

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Eppure all’opera c’era Dino Donati, lo storico costumista di Federico Fellini, che tra tutine aderenti e vestiti a balze ha sicuramente rivisitato il mondo di Mongo a modo suo. C’era anche un certo Max von Sydow, sì proprio lui, che dal Settimo Sigillo piombava qui a vestire i panni troppo scomodi di un imperatore Ming (the mercyless), davvero spietato ai limiti del ridicolo, vedi la battuta sulle lacrime.

Princess Aura: Look! Water is leaking from her eyes.
The Emperor Ming: It’s what they call tears, it’s a sign of their weakness.

Beh che dire…non ci resta che …

Flash, a-ah, saviour of the universe
Flash, a-ah, he’ll save everyone of us
Ha ha ha ha ha ha ha ha ha
Flash, a-ah, he’s a miracle
Flash, a-ah, king of the impossible

La fonte dell’Acqua Marcia

Nel frattempo ho perso un altro amico. Avevo progettato ieri, domenica, di stare a casa, in pigiama. A leggere, forse scrivere, ho sempre dei dubbi associati all’attività letteraria; guardare vecchi film facendomi scivolare sulla pelle l’indolenza domenicale, ma così non è stato.
Il risveglio ha avuto un sapore marcio, come solo il sangue e la morte sanno avere nella sonnolenza del settimo giorno della settimana dedicato alla gloria del Signore. Già che il Signore ci prenda tutti in gloria o che ci odi tutti perché odio le mezze misure. Che senso ha infatti morire a 39 anni…
In questo modo hai solo un grande senso di incompiuto che ti assale, ti resta e ti lascia lì. Tanto per capirci una vita spezzata così equivale e non essere mai riusciti a dire “ti amo” alla persona giusta. Non saprai mai come poteva andare… e infatti non è andata.
Con la scomparsa di Giancarlo mi sono stati strappati via tutti i ricordi, a morsi.
Di me non resta che un’anima masticata, a brandelli, sento il peso della saliva di Cerbero, il cane infernale. Una volta pensavo che mi sarei guadagnato il paradiso aiutando gli altri, ora ho smesso tutto, anche di pensare.
Non ho più quel pezzo di infanzia che abbiamo trascorso insieme. Forse il pezzo meno significativo di tutta la mia vita, solo formativo e a che serve essersi formati in questo tipo di società che confonde l’impegno sociale con la vita in palestra e il sogno del posto fisso?
Quanti calciatori avremmo perso se tutti loro si fossero messi a preparare i concorsi pubblici?
Galleggiano nella mia mente i film in vhs noleggiati e quelli visti al cinema, tipo “Abbronzatissimi”, quello resta una tua scelta Giancarlo, non è colpa mia se il tuo nome è rimasto associato ai cinepanettoni nella mia imperfetta memoria. Fluttuano le ombre dei sabati sera spesi al C64 di tuo cugino, Winter Games e altri titoli che nella mia memoria restano pixellati nei loro loghi. Gli screzi, le risate, le racchette che compravi dal Perra, assente anche lui ingiustificato nell’elenco delle mie presenze e no, mi spiace, la morte non è una giustificazione valida per esentarsi da tutto anche se ora, quello che resta è poco o nulla.
I miei ricordi.
Che non riesco nemmeno a spiegare in una lingua straniera come vorrei.
Ieri l’ho detto ad H. Si è dispiaciuta.
Vi siete quasi incrociati.
L’allagamento del bagno da parte del coinquilino di sopra ti ha portato qui, mentre noi eravamo al fontanino dell’Acqua Marcia. Buffo, proprio mentre stavo raccontando ad H. della corrispondenza di tuo cugino con un’amica di penna dell’est.
Lei scrisse che abitava in una regione dove esisteva, mi piace il termine esistere oggi, il più grande specchio di acqua dolce del mondo. Non so quale fosse. E lui le rispose, io abito ad Acqui Terme, lì dove c’è la fonte d’acqua più puzzolente del mondo, in proporzione ai suoi centimetri quadrati, già, l’Acqua Marcia.
Esistono le coincidenze o forse tutto è semplicemente destinato a marcire?
Dovevi sposarti a giugno, sicuramente non mi avresti invitato.
Non ci vedevamo da un pezzo.
Hai aspettato troppo.
Ho forse aspettato troppo anche io?
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I Cavalieri che non fecero l’impresa, secondo Gabriele Ottaviani di Convenzionali

Gabriele Ottaviani scrive la recensione de i Cavalieri che non fecero l’impresa su Convenzionali:

Ecco un breve estratto, potete leggere la recensione completa al link precedente:

Magnifico e geniale, verrebbe da dire, se non risultasse un po’ troppo altisonante. Ma in effetti non paiono esserci definizioni più azzeccate dopo aver letto con gioia questo romanzo che gioca con la lingua, la letteratura, la storia, il mito, la leggenda, l’ironia di un mondo che si crede tanto serio ma in realtà è solo misero e buffonesco. Sembra il palazzo di Cnosso a Creta, un labirinto vero e proprio, la trama di questo romanzo, perché a ogni angolo si pare un bivio, una possibilità, un gioco che gioco non è. L’arte, la guerra, l’amore, la storia: i grandi temi ci sono tutti, e non per far numero. Ogni cosa, qui, infatti, ha un senso. E non è così frequente.

Con l’acqua non si scherza- Fabio Izzo

Cracovia, lunedì 18 aprile 2016

Il referendum sulle trivelle è appena naufragato, il quorum è rimasto un’ isola del tesoro, lontana, irraggiungibile, ma non riesco ancora a non pensare che no, non l’acqua non si scherza, come in un certo modo hanno fatto alcuni miei compatrioti qui, in questa nazione lontana. “No, non ho votato, tanto trivellano al Sud”. Non sono mancate frasi come queste di noncuranza totale, da disarmo immediato di fiducia nell’umanità. Trivellano solo al Sud, perché il mondo, l’ecologia, l’ambiente, funziona tutto come nelle loro menti? A compartimenti stagno?A scuola non studiano nemmeno più il ciclo dell’acqua?

Ve lo ripropongo qui, a livello generale, giusto per far capire di cosa stiamo parlando.

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Ma mi voglio illudere, voglio illudermi ora che, contrariamente a quanto molti possano pensare, l’effetto farfalla possa anche essere positivo, che, una buona azione, o almeno un’azione sensata, possa portare a qualcosa di buono, smuovere qualche coscienza.

Nel mio ultimo romanzo “I cavalieri che non fecero l’impresa” l’acqua ha un peso specifico narrativo determinante, infatti è lì, sulle rive del nostro Bormida o della nostra Bormida (la lingua italiana ci permette di avere questo nostro magnifico fiume che tante ne ha passate, sia al maschile che al femminile) che ho descritto l’incontro del protagonista con Calliope. Lì, in riva alla Bormida, il corso d’acqua più amato dagli acquesi, si è rifugiata la musa della letteratura, lì e non altrove. Lì dove la storia acquese scorre da sempre placidamente segreta al mondo.

Per questo motivo ho sposato con entusiasmo l’operazione indetta da Sezzadio Ambiente, che neanche a farlo apposta vuole il naso di tutti noi, per non farci prendere per il naso, quindi questo blog il Naso di Fabio Izzo cadeva a fagiuolo per avere la goccia al naso perché è giusto ricordare che No, con l’Acqua non si scherza e non si deve assolutamente scherzare.

“50 mila sono le persone che bevono attualmente dalla falda che é in pericolo.
250 mila sono invece le persone che la stessa falda di acqua potrebbe alimentare in base alle sue potenzialità.
sezzadio.ambiente@libero.it : questa é la mail a cui mandare la tua foto (possibilmente su sfondo bianco) per partecipare e sentirti parte del meraviglioso fiume di gocce pulite che si sta formando.”

 

Ho visto con piacere che in molti hanni già aderito, politici locali, Vigili del Fuoco, persone comuni, persone che ogni giorno vivono sul nostro territorio, lo amano e lo difendono perché vogliono ancora abbeverarsi delle nostre storie.

Io ci ho messo il mio naso, voi almeno pensateci, un saluto.

 

Per saperne di più leggete l’articolo su RadioGold.it

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