Un titolo alla Woody Allen, vero, ma fu per caso che tra delusioni e altro, il destino, chi altrimenti?, pose sul mio imprevedibile percorso una tappa importante. Ero arrivato, come spesso mi accade, a un crocevia.
Ogni giorno è un crocevia nella mia minuscola esistenza fatta di tribolazioni e fatiche che troppo poco si sono alternate, fino ad oggi, a quel senso di compiuto che ancora ora mi pervade.
Scrivo questo, umilmente, in memoria di me.
Perché quell’io che sarò, tra una settimana, un mese, un anno o chissà per quanto altro tempo ancora, possa comunque sapere e ricordare che qualcosa del genere è davvero successo e accaduto.
Ma cosa è successo?
Stavo provando a scrivere una storia di una e di una lei, tutto, fino a poco tempo fa tutto confluiva davvero in questa direzione. Stavo provando a capire me stesso. Stavo provando e riprovando a vivere. Stavo insomma provando a tornare a essere qualcosa che forse sono mai stato: un pessimo scrittore e una brava persona. Per troppo tempo avevo scambiato l’un altro gli aggettivi, ero davvero convinto di non poter sfuggire a nulla.
Avevo quindici pagine già addensate tra taccuini e pc, una direzione intrapresa, alla De Andrè, controvento, ma non ci si muove per il lavoro, ci si muove per vivere, come ricorda anche Peter Cameron dall’Uruguay di un suo romanzo.
E così feci.
E così avvenne.
Mi mossi.
Provai a muovermi.
Cercai altre stelle tra provocazioni e luoghi comuni.
Tutto era da sovvertire perché le storie si scrivono da se. Con quello che hai.
Due occhi, due mani, un cuore e tanti pensieri che poi, inaspettatamente, raddoppiano nel fare della notte. Sabato scorso la Croazia pareggiava zero a zero in un bar dove, per un momento di tensione serve un postaccio. Due white russian tra amici, a strappi, in una serata che di strappato aveva tutto, il senso, l’umore, la comprensione.
Che sto facendo? Tutto è così stupido.
E potrebbe esserlo molto di più.
Sono al tuo portone.
Dissolvenza.
Sipario.
Alo, Alo!