Julian Tuwim, polacco, ebreo: poeta

“Al cimitero di  Łódź
Il cimitero ebraico, si erge
La tomba polacca di mia madre
La tomba di mia madre ebrea.”
Matka (Madre)

 

Al suo ritorno in Polonia, Tuwim fece trasferire il corpo sepolto di sua madre da fuori Varsavia nel cimitero ebraico della sua città natale, Łódź.  La strofa iniziale del suo poema “Matka” (Madre) sancisce l’inseparabilità di Identità ebraiche e polacche. Attualmente, in Polonia la sua proclamata ibridità e la sua ostilità nei confronti dell’etnazionalismo autoritario viene omessa, se non addirittura dimenticata mentre  nel mondo ebraico l’eredità di Tuwim è praticamente inesistente. Sembra che il suo innato amore per la lucidità possa essere davvero troppo scoraggiante per tutti.  Julian Tuwim nacque a Łódź, 13 settembre 1894, città descritta da Wajda in un suo film al pari di una terra promessa polacca, è nota da tempo, nella narrativa nazionale, come centro urbano cosmopolita, tanto da arrivare a meritarsi l’appellativo storico di “città delle quattro culture”:  polacca, ebraica, russa e tedesca. La poesia di Tuwim è stata un appello alla diversità, al pluralismo e al multiculturalismo.

La mia patria è la lingua polacca

Componendo in lingua polacca, Tuwim fu il poeta contemporaneo più letto nel periodo tra le due guerre del paese (1920-1930). Ancora oggi in Polonia sono molto apprezzati i suoi versi dedicati ai bambini (in particolare “Lokomotywa ” [Il treno]) e la sua padronanza poetica della lingua è riuscita col passare del tempo a conquistare il cuore delle successive generazioni di polacchi tanto che nel 2013 fu battezzato dal parlamento come l’ anno di Julian Tuwim.  Attualmente la sua statua troneggia sulla strada principale di  Łódź . Sono invece decisamente meno ricordate in Polonia le sue riflessioni poetiche sull’ etno-nazionalismo, sull’ autoritarismo, sull’ antisemitismo e sull’olocausto. Eppure in vita, Tuwim si è espresso diverso volte sulle possibilità e sulle difficoltà delle relazioni polacco-ebraiche durante il XX secolo. Precursore di tempi, lui stesso desiderava essere un vero ebreo polacco e voleva esser rispettato e accettato per entrambe le identità.

“La mia patria è la lingua polacca“, scrisse, cresciuto in una casa ebraica di lingua polacca, Tuwim è stato uno dei primi luminari letterari ebrei polacchi a scrivere in polacco per un vasto pubblico nazionale; come lo scrittore Bruno Schulz, Henryk Goldschmidt, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Janusz Korczak, lo scrittore Alexander Wat e il poeta Antoni Slonimski. La grande popolarità di Tuwim suscitò denunce da parte di critici etno-nazionalisti polacchi che lo accusarono di essere “culturalmente alieno in Polonia “, queste parole furono definito da Maurycy Szymel, anch’egli poeta ebreo-polacco,  “un pogrom contro il diritto di Tuwim alla letteratura polacca “.

 

“Sono Polacco perché così mi fu detto nella mia casa paterna, perché fin dalla più tenera età sono stato nutrito con la lingua di quel paese, perché mia madre mi ha insegnato poesie e canzoni polacche, perché la poesia che mi ha folgorato per la prima volta è stata quella polacca, perché ciò che nella mia vita ha avuto più importanza, la creazione poetica, per me resta impensabile in qualsiasi altra lingua, perfino in quella che io posso parlare alla perfezione.
Sono Polacco perché in polacco ho confidato i turbamenti del mio primo amore, perché in polacco ne ho balbettato le gioie e le bufere“.

Scrivendo in un’epoca e in un luogo dalle identità fortemente monolitiche, Tuwim volle riappropriarsi delle identità ebraiche e polacche.  Nel 1924 il poeta dichiarò in un’intervista: “Per gli antisemiti sono ebreo e la mia poesia è ebrea. Per i nazionalisti ebrei, sono un traditore e un rinnegato ”Tuwim voleva una Polonia più inclusiva da una parte e una maggiore integrazione ebraica in Polonia dall’altra. I suoi punti di vista e le sue posizioni erano apparentemente incompatibili –  si presentava come campione della cultura polacca ma allo stesso tempo era molto critico con l’etnazionalismo polacco;  prendeva distanza dalla cultura ebraica ma era un nemico letterario dell’antisemitismo; fermamente anti-autoritario.
Senza ombra di dubbio il principale contributo di Tuwim alla letteratura polacca è stato anche il suo principale elemento distintivo cioè l’ uso inventivo ed espressivo della lingua. Czesław Miłosz,  vincitore del Premio Nobel per la letteratura,  lo descrisse come un “virtuoso del lirismo” mentre Il critico letterario Roman Zrebowicz si è soffermato sulla padronanza linguistica del poeta ebreo polacco di Łódź , qualità che ha reso le sue opere davvero uniche: “Tutta la poesia di Tuwim ha un odore estatico come una foresta. Ogni verso ha il suo aroma particolare. ”

Tuwim ha però pagato un prezzo elevato per il suo attaccamento alla Polonia. Gli attacchi alla sua scrittura si intensificarono negli anni ’30.  Dopo l’invasione della Polonia nel 1939, Tuwim si rifugiò a ovest a Parigi, e poi in Brasile, prima di trascorrere la maggior parte degli anni di guerra a New York. Nel 1940 durante il suo esilio in Brasile scrisse un lungo riflessione poetica intitolata “Fiori polacchi” pervasa da una lunga malinconia per la distanza dalla patria denunciando  l’antisemitismo prevalente nella Polonia della Seconda Guerra Mondiale. Julian Tuwim era un alieno incapace o non disposto a staccarsi dalla sua identità ebraica. L’esilio e la diaspora, a suo dire, avevano reso gli ebrei un popolo perduto perduto. Il suo poema del 1918 “Ebrei”, scritto all’età di 24 anni, descrive gli ebrei come “persone che non sanno cosa sia una patria / Perché hanno vissuto ovunque … / I secoli hanno inciso sui loro volti / Le linee dolorose della sofferenza”. Come molti dei suoi contemporanei ebrei letterari e intellettuali in Polonia e in tutta Europa, Tuwim credeva che il futuro ebraico dipendesse dalla pari cittadinanza nel loro paese di nascita.

Nel secondo anniversario dell’insurrezione del Ghetto di Varsavia, Tuwim pubblicò angoscianti versi dell’Olocausto. Il suo attaccamento all’ebraismo fu una solidarietà di sofferenza. La persecuzione e il genocidio ebraico intensificarono i legami di Tuwim con l’ebraismo che si dichiarò ebreo a causa del “sangue di milioni di innocenti assassinati … Mai dall’alba dell’umanità c’è stata una tale piena di sangue martire”.

Nel 1946, insieme alla moglie, tornò a vivere definitivamente in Polonia perché credeva che una Polonia sotto la tutela comunista potesse offrire una migliore protezione per gli ebrei. Nel 1947, i coniugi Tuwim adottarono un’ orfana ebrea di Varsavia.  Fino alla fine, polacco ed ebreo, identità accomunate all’interno di questa grande anima poetica fino al 1953 insieme. La Polonia si è concentrata sulla lingua di Tuwim, trascurando l’anima di un di poeta che voleva “trarre sangue con la parola”.  Un titolo del 1974 di The Forward (טעגלעכער פֿאָרווערטס) descrisse Tuwim come “il più grande poeta ebreo” del secolo. Oggi però Tuwim resta in gran parte dimenticato nel mondo ebraico nonostante sia stato il primo grande poeta ebreo a commentare  l’Olocausto,

 

Ma allora perché ‘Noi, EBREI?’ – Vi risponderò: ‘A CAUSA DEL SANGUE’ – E allora è razzismo?! – No, non è affatto razzismo, anzi esattamente l’opposto.
Il sangue può essere di due tipi: quello che scorre nelle vene e quello che ne sgorga fuori. Il primo è una linfa corporea che in quanto tale dev’essere oggetto di studio da parte dei fisiologi. Chi invece a quel sangue attribuisce degli aspetti particolari, diversi da quelli organici, vi scorge dei poteri misteriosi -come vediamo bene oggi- condanna inevitabilmente le città alla distruzione, al massacro milioni di persone […] Il secondo tipo è proprio quello che quel capobanda del fascismo internazionale stilla all’umanità per provare la superiorità del suo sangue sul mio. È ill sangue di milioni di innocenti massacrati […] il sangue degli Ebrei (e non “il sangue ebraico”) scorre oggi in alvei più ampi e profondi“.

 

C’è del gas in Danimarca, Trump marcia in Polonia e a Copenaghen

C’è un paese che inculca subito il principio del dubbio, parliamo ovviamente della Danimarca.
Perché il presidente americano, novello Amleto, ma senza teschio ha deciso di andare a visitare il piccolo stato nord europeo? Visita tra l’altro che va ad aggiungersi a quella già in programma a Varsavia, per le prossime celebrazioni dell’anniversario del tragico scoppio della IIGM. Qual è il vero motivo che si cela dietro questi due viaggi? Mister Donald  arriverà in Europa per cercare di dare scacco alla Russia sul mercato del gas. L’amministrazione Trump e il Congresso degli Stati Uniti stanno cercando di bloccare il progetto North Stream 2 temendo che la sua realizzazione possa rendere gli alleati della NATO e gli altri paesi europei troppo dipendenti dall’energia russa. Il secondo North Stream è un imponente gasdotto lungo 1.220 chilometri che parte da Leningrado e arriva Lubmin, nella Germania settentrionale ed è destinato a raddoppiare le importazioni tedesche di gas naturale russo. Secondo il governo americano questo progetto porterà la Germania a essere “ostaggio” della Russia. Lo ha dichiarato lo stesso Trump nella riunione tenutasi lo scorso 12 giugno a Washington con Andrzej Duda, presidente polacco. Gli Stati Uniti hanno inoltre avvertito le aziende che aiutano Gazprom a costruire il gasdotto che potrebbero essere soggette a sanzioni. In passato già due amministrazioni a stelle e strisce, quelle di Kennedy e di Reagan, avevano provato senza riuscirci a intralciare la costruzione da parte del Cremlino dei gasdotti Druzhba e Bratsvo. Trump inizierà questo suo tour europeo visitando la Polonia dal 31 agosto al 2 settembre e poi si recherà in Danimarca, il cui governo non ha ancora autorizzato la Russia a costruire la tratta dell’oleodotto che attraverso le acque di sua competenza. Mosca spera di completare il progetto entro l’anno, ma tale tempistica dipende dalle future decisioni danesi. La Danimarca potrebbe però andare incontro a eventuali sanzioni statunitensi. L’interesse degli Stati Uniti nei confronti della Groenlandia va letta seguendo le intenzioni di questo piano di disturbo nei confronti delle mosse di Putin. Il governo di Washington è da sempre molto interessato alle risorse naturali groenlandesi, ma non disdegna nemmeno la posizione strategica che questo distaccamento danese andrà ad assumere in futuro nello scacchiere della geopolitica mondiale. A causa dello scioglimento dei ghiacciai si sono qui rese accessibili zone che in passato non erano vantaggioso sfruttare economicamente. Diversi studiosi ritengono  poi che in questa area dell’oceano Artico si trovino le maggiori riserve inviolate di petrolio e di gas naturale. Inoltre il riscaldamento globale ha fatto sì che il ghiaccio da queste parti non rappresenti più un ostacolo insuperabile per il passaggio dei cargo lungo le rotte polari. Fino a qualche anno fa queste rotte erano aperte solo in estate, ma oggi non è più così.  Il controllo del “Passaggio a Nord-ovest” si trova  quindi ora al centro degli interessi della grandi potenze mondiali. La Russia, vista la sua posizione, ne controlla una buona parte e l’America non vuole assolutamente essere tagliata fuori. Trump incontrerà a Copenhagen il primo ministro Mette Frederiksen e parteciperà a una cena di stato della regina Margrethe ii il 2-3 settembre. L’incontro, molto probabilmente, avrà l”’affare” Groenlandia  come protagonista, territorio dove gli Stati Uniti hanno costruito diverse basi militari e stazioni meteorologiche a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Attualmente questo distaccamento grava sul bilancio annuale del governo danese per circa 457 milioni di euro. L’idea della compravendita groenlandese non è però niente di nuovo, già nel 1946 Henry Truman cercò di impostare una compravendita tra le due nazioni sulla base di circa 100 milioni di dollari. Storicamente c’è poi da segnalare che gli Stati Uniti acquistarono proprio dalla Russia l’attuale stato dell’Alaska. Era il 30 marzo 1867 e Trump vorrebbe entrare nella storia del suo Paese come il presidente che ha aggiunto una stella alle 50 già presenti sulla bandiera americana.

La visita in Polonia

Il conflitto tra Iran e Stati Uniti ha notevolmente peggiorato la situazione della sicurezza sulla principale rotta commerciale attraverso lo stretto di Hormuz. Il governo di Varsavia che da tempo sta rafforzando la propria partnership con Wahsington, si è detto pronto a sostenere la missione militare guidata dagli Stati Uniti per proteggere le spedizioni nel Golfo Persico. “Sappiamo che la situazione richiede una risposta”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Jacek Czaputowicz in una recente intervista. Nello scorso giugno Duda, il presidente polacco, si è recato in visita negli Stati Uniti e durante il suo viaggio ha incontrato a Houston Rick Perry, segretario all’Energia, e i dirigenti delle più grandi compagnie petrolifere e del gas americane. La Polonia ha già iniziato a importare GNL (gas naturale) dagli Stati Uniti per ridurre la sua dipendenza dall’energia russa. Il governo polacco ha firmato un contratto da 8 miliardi di dollari per l’acquisto del GNL americano. Lo scorso anno Varsavia ha tagliato le importazioni di gas da Gazprom del 6 percento, ma attualmente la società statale russa copre ancora i due terzi del fabbisogno energetico polacco. Il contratto tra la Polonia e Gazprom terminerà nel 2022. Questa prossima scadenza permette quindi l’apertura polacca a rifornimenti energetici alternativi a quello attuale russo. Varsavia si è quindi decisamente unita a Washington nel tentativo di impedire a Gazprom di costruire il Nord Stream 2, il nuovo gasdotto che rafforzerebbe la presa del Cremlino sui mercati europei del gas.

Niente Germania

Dopo la Francia, dove è in calendario il prossimo summit del G7, la Polonia e la Danimarca, c’è da notare come non sia prevista nessuna visita ufficiale del presidente americano a Berlino. Mancanza che potremmo definire insolita. Al momento nessun alleato riceve più critiche della Germania da parte dell’amministrazione Trump, vedi anche la recente minaccia di spostare le truppe americane presenti sul territorio tedesco in Polonia. Trump ha già consigliato alla Germania di acquistare il GNL invece del gas russo. Il governo di Washington è molto critico nei confronti di Berlino che, a suo dire,  paga alla Russia miliardi di euro per le forniture di gas e allo stesso tempo si affida alla protezione militare degli Stati Uniti. In aggiunta la politica  tedesca ha severamente condannato la missione militare statunitense per proteggere le navi mercantili nel Golfo Persico. Ma gli Usa e  la Germania si scontrano politicamente anche su altri tavoli, come quello della protezione ambientale, degli accordi nucleari e sull’Iran. La differenza di vedute tra i due alleati è più grande che mai dal dopoguerra ad oggi, come dimostrano i prossimi viaggi diplomatici organizzati dalla Casa Bianca in Polonia e Danimarca, paesi che al momento dimostrano di essere maggiormente in sintonia con la visione politica di Trump. Infatti la Polonia raggiunge l’obiettivo prefissato del due per cento della NATO ed è considerata l’amica più fedele di Trump all’interno dell’UE. Varsavia si è dimostrata, non solo a parole, ma anche con i fatti  contraria allo sviluppo del Nord Stream 2 firmando contratti commerciali per il GNL. “Stiamo proteggendo la Germania dalla Russia e Putin sta ottenendo miliardi e miliardi di dollari dalla Germania “. Queste sono  le dichiarazioni rilasciate lo scorso 12 giugno dal 45º presidente degli Stati Uniti, in occasione del vertice polacco-americano. Il governo statunitense sta cercando in tutti i modi di bloccare lo sviluppo di Nords Stream 2, per privare la Russia di un reddito che potrebbe sovvenzionare le spese militari del Cremlino. Mosca, da parte sua, non è affatto contenta di questa opposizione americana. Igor Sechin, amministratore del gruppo petrolifero statale Rosneft e confidente di Putin, ha accusato gli Stati Uniti di  voler imporre sanzioni ai paesi produttori di energia, come Russia e Iran, per cercare di fare spazio alla sua crescente produzione di petrolio e gas.

 

Warszawa nel 1973 secondo David Bowie

Oggi, 11 gennaio 2016, il mondo piange il genio di Bowie, do widzenia, Duca.

Voglio ricordarlo così, con un aneddoto riguardante una delle sue canzoni meno famose, ma da me stra ascoltata al tempo de “Il Nucleo”… Non tutti sanno che David Bowie visitò Varsavia nel 1973 e ne rimase sicuramente impresso, infatti alla capitale polacca, insieme a Brian Eno, volle dedicare un pezzo, principalmente strumentale, che fu poi inserito nell’album pubblicato nel 1997, Low. Tornando in Inghilterra dall’Unione Sovietica, l’artista fece una breve sosta in città, passeggiando dalla stazione di Warszawa Gdanska fino a Plac Komuny Paryskiej (oggi Plac Wilsona) dove comprò alcuni dischi. Tra questi acquisti c’era anche un vinile degli Zespół Pieśni i Tańca “Śląsk” im. Stanisława Hadyny, gruppo noto anche per le sue collaborazioni con Wojciech Kilar, che ne ispirò la melodia. L’arrangiamento vuole rievocare la desolazione stessa della città, avvertita dal Duca Bianco all’epoca della sua visita nella PRL, cioè la Repubblica Popolare di Polonia, mentre il testo, non vuole dire assolutamente nulla, tra i vari super poteri di Bowie mancava infatti quello di parlare polacco.

 

 

Varsavia, 1973

Varsavia, 1973

 

 

 

 

Piccolo ritratto di Hanna Krall

Hanna Krall è nata il 20 maggio 1934 a Varsavia ed è considerata una delle migliori scrittrici polacche contemporanee. Di origine ebraica i suoi libri sono attualmente tradotti in venti lingue.

La giovane Hanna riuscì a sopravvivere alla guerra perché nascosta, in clandestinità, mentre diversi membri della sua famiglia perirono.

Dopo aver portato a termine i suoi studi in giornalismo cominciò nel 1955 a lavorare presso il giornale locale La Vita di Varsavia (Życie Warszawy) fino al 1966 quando lasciò il giornale per entrare nella redazione di Politica,  noto rotocalco nazionale (Polityka) che abbandonò in seguito alla legge marziale dichiarata da Wojciech Jaruzelski, allora primo ministro della Polska Rzeczpospolita Ludowa, PRL, Repubblica popolare polacca.

Dopo l’abbandono di Politica comincerà a lavorare, qualche tempo dopo, per la “Gazeta Wyborcza”1.

Il suo primo libro viene pubblicato al tempo della sua collaborazione con Politica, correva l’anno 1972 quando fu dato alle stampe il volume intitolato “Na wschód od Arbatu” ( Ad est di Arbat, inedito in Italia) scritto dopo aver trascorso diversi anni come corrispondente da Mosca; in queste pagine viene raccontata la vita quotidiana della capitale sovietica negli anni 60, osservata dal punto di vista “privilegiato” di una straniera.

Il successo editoriale e commerciale arriverà però in seguito con la pubblicazione de  IL GHETTO DI VARSAVIA, memoria e storia dell’insurrezione2 (titolo originale Zdążyć przed Panem Bogiem ) e pubblicato qui da noi, correggetemi se sbaglio, in una traduzione dal francese..

Il libro si basa sul racconto della vita del cardiologo Marek Edelman ebreo polacco e socialista, fondatore della Żydowska Organizacja Bojowa3 (Organizzazione ebraica di combattimento).

All’epoca della pubblicazione del libro Edelman era l’unico leader ancora in vita dell’insurrezione del Ghetto di Varsavia.

 

Possiamo tranquillamente dire che quest’opera rappresenta la prima pietra miliare del percorso letterario a  seguire della Krall: qui troviamo per la prima volta tutte le tematiche destinate a diventare centrali nelle sue future opere, come ad esempio le relazioni tra ebrei, polacchi e tedeschi durante l’olocausto e le conseguenze, le reazioni negli anni a seguire.

Ma la Krall è autrice votata da sempre alla ricerca della sua propria vera identità, tema comune alla famiglia degli intellettuali ebreo polacchi che per secoli ne ha dibattuto in diverse sedi nazionali, e il suo lavoro letterario è pervaso  dai dettagli delle piccole storie di persone comuni perché, a suo dire,  solo da loro, da queste ricostruzioni, e dalla forza intrinseca si può ricostruire il mondo, nella sua forma letteraria più pura.

 

Un esempio molto indicativo della sua profondità tematica lo possiamo trovare nel  Dybbuk 4 dove Adam S., nato in America, dopo la Guerra, è tormento dallo spirito di suo fratello, che non ha mai conosciuto, rimasto ucciso nel ghetto di Varsavia all’età di 6 anni. La Krall qui riesce a mantenersi continuamente in bilico, in un delicato gioco di equilibri narrativi dove non affonda mai il colpo ad effetto, rifuggendo da escamotage letterari, per permette al suo lettore una doppia interpretazione,  infatti non è chiaro se a tormentare il protagonista è uno spirito maligno o un profondo senso di colpa, da sopravvissuto, ma alla fine il risultato dimostra apertamente come il passato  continui a contaminare, influendo in maniera importante sul presente e non sempre possiamo ignorarlo, anzi per riuscire nell’ esorcismo supremo dobbiamo arrivare alla verità più profonda.

Un secondo tema particolarmente caro alla scrittrice, sviluppato ne La Linea della vita (titolo originale Wyjątkowo Długa Linia” 5), è il complicato destino delle genti polacche nella storia e l’influenza del passato sulle loro esistenze nel presente.

Come curiosità, in conclusione, possiamo aggiungere che è stata molto amica del famoso regista  Krzysztof Kieślowski e di Krzysztof Piesiewicz, infatti fu proprio il suo personaggio a ispirare l’ottavo episodio del  Decalogo  dove  troviamo una sopravvissuta all’Olocausto impegnata ad affrontare una professoressa di etica, Mari Kościałowska, che una volta si rifiutò di aiutarla…

 

In Italia sono stati pubblicati da Giuntina:
Ipnosi e altre storie (1993),
La festa non è la vostra (1995),
Il dibbuk e altre storie(1997)
e La linea della vita (2006).

 

1Gazeta Wyborcza è un importante quotidiano polacco, diretto e fondato da Adam Michnik, ex dirigente del movimento Solidarność

 

2 Marek Edelman, Hanna Krall, “Il ghetto di Varsavia – Memoria e storia dell’insurrezione”, Città Nuova Editrice, Roma, 1985. Traduzione di Meriem Meghnagi.

Titolo originale: Mémoires du ghettes de Varsovie – Un dirigeant de l’insurrection reconte, Édition du Scribe, Paris, 1983.

 

3 Organizzazione ebraica di combattimento; in yiddish: יידישע קאמף ארגאניזאציע

4Il dybbuk, nella tradizione ebraica, è uno spirito maligno in grado di possedere gli esseri viventi. Si ritiene che sia lo spirito disincarnato di una persona morta, un’anima alla quale è stato vietato l’ingresso al mondo dei morti.

5Traduzione di Claudio e Maria Madonia

Schizzofrenia Pop

Almeno ora ha un titolo, almeno per ora. Ed è un titolo che mi è uscito oggi, dal profondo del mio nulla temporaneo. E’ una storia che per ora si sparge su 40 confuse pagine, che per scherzo del destino riprende il mio periodo torinese ( o almeno parte di esso). 40 pagine tutte discusse con Giulio davanti a 4 caffè, la storia sembra che gli piaccia così tanto che mi chiede sempre a che punto sono. Peccato che sono da mesi fermo a 40 pagine. Tranne che per questo discorso di oggi, questo monologo, questa richiesta nata dal nulla.O meglio nata dopo Varsavia e nata per una ragazza con gli occhi caleidoscopici.

MA eccovi il monologo estrapolato dal suo contesto:

“Non prendermi per pazzo.

E’ già di suo un mondo di folli, votato alla più bastrada delle anarchie, quella dispotica che ti fa credere di poter fare tutto dovendo rinunciare a ogni cosa pur di essere fondamentalmente liberi e praticamente democratici.

Sono un poeta, lo sono stato, e forse non lo sarò mai più in questa valle montagnosa strabordante di parole sprecate e sprecanti nel significato.

Dicevo, non prendermi per pazzo solo perchè devo vedere il mondo, capire il mio mondo sotto questa pelle, lasciandolo scorrere al suono liquido delle mie visioni di carni.

Ti ho sognata prima di averti incontrata, ti ho perduta nel tuo primo istante che ha inondato la mia vita.

Capirò come un verso possa inoltrare al rovescio il mio cammino.

Capirò che a ogni dio si deve una morte e che il sacrificio, quello giusto e rinnegante d’amore, va votato alla libertà.

Non prendermi per pazzo…