Nessuno sa più stuccare. Così si conclude il quarto capitolo di “Girl in a band” A memoir di Kim Gordon.
E qui mi sono fermato nella lettura e mi sono messo scrivere perché se anche un’artista, una persona sensibile, o ultra sensibile, del calibro di Kim, con l’avanzare dell’età si lascia andare alle stolte considerazioni che le generazioni precedenti sapevano fare meglio tutto…o forse, sono io che sbaglio, nessuno sa davvero più usare lo stucco a Los Angeles, come accenna precedentemente nella sua biografia e allora, forse dovrei lasciare la penna, pardon la tastiera e impararmi a stuccare…per lasciare tutti, me compreso di stucco.
Scherzi a parte, io amo leggere biografie, ultimamente lessi quella di Salinger, di David Foster Wallace, e via dicendo, mentre ora mi sto soffermando, forse troppo sul libro di Kim perché è un libro importante. Non è uno di quei libri che ha bisogno della marchetta, in Italia l’ha pubblicato Minimun Fax quindi non penso che abbia davvero necessità di qualche spottino sul web o spottone.
Cazzo! I Sonic Youth sono stati la mia prima linea difensiva per una vita intera. Nessuno li conosceva e io avevo tutti i cd, ricordo ancora quando mi arrivò Daydream Nation per posta a casa ad Acqui. Lo misi nello stereo monolite e rimasi quasi ipnotizzato, mesmerizzato dall’attacco di Teenage Riot e andavo consigliando a tutti i miei amici di ascoltarlo, ma crescere e cercare la propria autonomia e sensibilità artistica non è sempre facile in una terra che una volta l’anno ospita fisso il raduno di quel che resta dei Nomadi.
Così andavo a Milano a fare colloqui con i giornali e mi scartavano per il mio cappello di lana marrone con tanto di pon pon dei Sonic Youth, non solo per quello venivo scartato, almeno così spero tuttora… mentre alla fermata di San Babila i turisti giapponesi mi chiedevano di fare una foto perché i Sonic Youth in Giappone erano già famosissimi, da noi, invece, venivano chiamati per suonare a Sarzana, provincia di La Spezia, che dire…
Comprai pure un libro Newton & Compton perché Thurston Moore ci scrisse cinque righe, purtroppo il libro era una vera ciofeca che non finii mai di leggere e che forse ora ho regalato.
Per questo motivo ripercorrere in maniera voyeuristica la fine del rapporto tra Kim e Thurston, scoprire che l’età avanza e ci sono i conti da pagare, con tutto, è qualcosa di importante. Loro per anni sono stata la coppia Indie Rock che ci ha fatto credere che non importa essere glam, essere cool, essere star, non importa fare i ruffiani, alla fine c’è ancora spazio per la serietà e l’amore nel fare quello che ci piace al mondo. C’era così una volta la serietà dei Sonic Youth, un percorso musicale che si è collegato alla cultura americana degli ultimi decenni, dai Nirana, a Ginsberg, a Burroughs, che, sempre secondo Kim, amava i coltelli. Ma il tempo avanza e così anche i Sonic Youth diventano grandi, nel senso denigratorio dell’età, Thurston invecchiando ha mostrato le sue crepe e Kim, ha messo su i piedi d’argilla di quel colosso d’integrità musicale che la gioventù sonica, già passata, era.