“Gli anni sono troppo corti, i giorni troppo lunghi”
Joseph Heller, nato a New York il 1 maggio del 1923 è uno scrittore americano imprescindibile, accantonato troppo in fretta, anche se largamente pubblicato in vita. Il suo libro più famoso “Comma 22” resta un best seller facilmente reperibile mentre, per una strana legge del contrappasso, gli altri suoi libri sono attualmente pressoché sconosciuti, ingiustamente a mio modesto avviso.
Heller è uno scrittore meticoloso che lascia poco o nulla al caso, tanto che per scrivere il suo secondo romanzo impiega qualcosa come 12 anni, una vita, in pratica. Certo era un altro mondo, un’altra realtà, decisamente più lenta rispetto alla bulimia e alla frenesia editoriale e generale dei nostri tempi. Ma “È successo qualcosa” lo riconferma come autore amato dal pubblico.
Comma 22 aveva stra venduto; Yossarian, il protagonista del libro, nell’immaginario comune era diventato un eroe anti militarista da “spiletta”; Mike Nichols l’aveva portato sul grande schermo in una trasposizione cinematografica che ha visto la partecipazione niente poco di meno che di Orson Wells…
Cosa è successo?
Arriviamo ora a parlare di Something Happened, un’opera che è da considerare al pari di uno Stoner maturo. Il romanzo è una lente di ingrandimento sulla middle class americana. Il protagonista, Bob Slocum, è un uomo di mezza età, senza particolari abilità o qualità, che ha però compreso di essere stato enormemente fortunato a raggiungere, visti tutti i suoi limiti, quel livello di agiatezza ottenuto lavorando in una ditta di New York. Bob è sposato con una bella donna da cui ha tre figli ma è un infedele cronico.Il libro intero si basa sulle riflessioni, sui monologhi interiori di Slocum. riguardanti il suo mondo, cioè il lavoro, i rapporti sociali, sentimentali, affettivi, sessuali.
Tutto si sviluppa nella mente di Bob che no, non è una bella persona, non è una persona unica o speciale, non è nemmeno interessante più di tanto ma, come il suo autore, è meticoloso e generoso nei dettagli della sua vita. Ci mostra così tutte le sue insicurezze, le sue avventure sessuali, il suo lavoro, le sue nostalgie, tutto ciò che in pratica contribuisce a renderlo il Bob che conosciamo. Nelle prime 100 pagine, l’opera ne conta più di 600, si avverte un certo senso di disagio, il lettore medio potrebbe voler abbandonare questa mente perché no, non si tratta di un posto piacevole in cui ritrovarsi. Ma se si porta avanti la lettura ci si ritrova un ritratto multi strato del protagonista. A partire dal momento in cui Bob visita l’insegnante di ginnastica del figlio. Bob andato al ricevimento si trova intimidito dall’insegnante perché lui stesso, come il figlio, non era portato per gli sport ma ad ogni modo si sente comunque superiore socialmente visto il suo status sociale di manager. Ama suo figlio e sente empaticamente che il figlio sta vivendo le sue stesse esperienze. Qui Heller mescola il bene, il male e perché no, anche il banale con grande maestria riuscendo a creare un personaggio indifferente mantenendolo umano. Un personaggio impossibile da amare, non un anti eroe classico perché Bob anche nella sua meschinità è mediocre. Un personaggio che provoca repulsione ma che si innesta in noi, prevedibile, prevedibile in maniera simbiotica nei suoi atteggiamenti e nei suoi impulsi primari che, pagina dopo pagina, diventano nostri.
Il mare dei ricordi proustiano di Bob resta legato ad un amante mai avuta, Virginia. Una sua collega di lavoro che è morta suicida, ricalcando la sorte del padre, inalando gas di scarico in una garage. Il mancato possesso carnale di Virginia la renderà immortale nella mente di Bob che, anche in seguito ad anni di distanza, continuerà a chiamare la ditta dove lavorava, spacciando false generalità, per chiedere di lei, compiendo un rito quasi magico, un’invocazione utile a non far perdere le ultime tracce della sua presenza, del riecheggiare del suo spirito nella nostra realtà.
Ricordo la sua pelle, levigata e lucida, chiara; quando rideva le fossette le si accentuavano. E rideva e sorrideva sempre. Mi manca quella sua gaiezza. Ora sì che saprei come e cosa fare con lei.
Vorrei che mi si offrisse un’altra possibilità, un’altra occasione. Poi ricordo chi sono; ricordo che anche adesso avrebbe quattro anni più di me, sarebbe bassina, grassa e tarchiata, probabilmente, e forse loquace e noiosa, cioè ben diversa dalla ragazza di cui ho nostalgia. (Quella non esiste più.) Poi ricordo che è morta.”