Il Nobel di Olga Tokarczuk è come lo scudetto dell’Inter: nessun ricorso per Philip Roth

Ho smesso di credere ai premi anche se, in maniera ipocrita, come dice il buon Neruda ne il Postino: ” Se me lo danno, non lo rifiuto”. Qualcosa di simile l’ho sentito dire tempo fa anche ad un altro poeta candidato al premio Nobel… perché ingiustamente, la carriera di uno scrittore è fatta agli occhi dei più dai premi. Non importa altro. Perché i lettori, grave colpa, sono sempre più distratti. Succede così anche con il Premio Nobel che, dopo Bob Dylan, è ormai finito in corto circuito esistenziale, perdendosi, premiando a caso, solo per puntare l’indice sempre lì dove la letteratura si fa sberleffo della politica. Sembra che questa particolare attitudine letteraria a Stoccolma piaccia molto, vedi il nostro Dario Fo. Così anche il premio della Tokarczuk segue queste caratteristiche. Un premio che purtroppo arriva sminuito dal pasticciaccio degli scandali sessuali, dalla non assegnazione del titolo 2018 e assegnato in seguito solo dopo ripensamenti vari per salvare il salvabile e lavarsi la faccia. Pensavo che queste cose potessero accadere solo qui da noi, in Italia solo con gli scudetti della Juve e i ricorsi dell’Inter, ma purtroppo capita anche nel mondo della Cultura, quello con la c maiuscola e, amici miei, c’è molto poco da essere felici.

 

 

In realtà seguo questa scrittrice da tempo, la Tokarczuk mi è sempre piaciuta, salvo gli ultimi due scivoloni, personalmente non ho apprezzato i suoi ultimi lavori ma tant’è a qualcun altro son piaciuti e molto, questo l’importante. L’impressione mia è che a Stoccolma piace così tanto prendere a schiaffi i politici dell’Est Europa che ormai prova a farlo ogni volta che può. Successe in passato, succede ancora oggi. Le elezioni polacche, il partito governante che è sia nazionalista che patriota e molte altre cose ancora che non si possono dire e così via. In gioco c’è un Nobel in sospeso, qualcuno si potrebbe ricordare di Philip Roth, morto nell’ anno non assegnato, o puntare non so, su un Claudio Magris che non a politica o un Murakami e un Neil Gaiman che fanno felici i loro lettori. Gli accademici svedesi, con tanto di accento, puntano però sempre a essere snob e a rompere le uova nel paniere degli altri, così ecco il risultato annuale. Politicamente corretto, dove quello che conta è la prima parte di Politicamente

 

 

 

Siamo tutti Sarri con le parole degli altri

Siamo tutti Sarri con le parole degli altri.Non so, non leggete questo post perché non aggiunge nulla di nuovo. Ieri sera dopo la partita sono andato a dormire, cercando di mettere ordine nella mia pazza vita in una società che confonde notte e giorno e non solo quello, e ha davvero tempo, troppo tempo per fare polemiche. Tutti dicono di tutto. Tutti sentenziano. Una bacheca di Fb ormai è diventato il luogo ideale per emettere un giudizio. Scrittori che professano l’amore universale si rivelano lombrosiani, aspettando il nemico al varco “mi sembrava così, l’aspetto era quello”, va bene, contenti voi. Io mi metto nei panni di un uomo di 60 anni che ha fatto la gavetta tutta la vita. Avere 60 anni in Italia e arrivare dalla provincia vuol dire appartenere ad un altro codice linguistico e morale, ricordatevene quando ne scriverete, perché la realtà è questa. Quando gli si è chiesto di scudetto ha risposto “Cazzo”, ma allora andava bene, allora era simpatico, allora lì tutti hanno riso perché lui è ruspante, verace, uomo d’altri tempi, allenatore alla Oronzo Canà con quella tuta e la moka in campo, segue poi ad un allenatore spagnolo che veniva sempre additato per i suoi chili di troppo, altra grande colpa. L’uomo di provincia perde una partita in malo modo, sbagliando e ammettendo le sue colpe, e fa un’uscita infelice, infelicissima, poco importa che il mondo dove vive e lavora usa questi termini da sempre, non si fa nulla per cambiare, ma se lo dice lui parte la crociata. Si è scusato e aspetta di pagare la sua colpa, ma non importa a voi, meglio avere qualcosa di cui discutere qui. Chissà cosa direbbe Pasolini, lui sì saprebbe riderne forse e chissà cosa dovremmo dire noi, che citiamo don Milani a caso, che non siamo mai pronti a rieducare, ma sempre lesti a condannare. Mister, ti voglio bene, hai sbagliato, lo hai ammesso, sarai squalificato ed è giusto così, giustissimo, però sono certo che tu, imparerai dal tuo errore o magari ci proverai mentre per gli altri, della bella comunicazione, no, non c’è speranza. Non vorrei farti comunicare meglio, dietro belle parole ci possono essere tante menzogne e sorrisi di circostanza, vorrei farti comprendere davvero che hai sbagliato perché rappresenti anche me, cerca di ricordartelo.Vi voglio bene