David Friday’s Wallace

Venerdì post pasqua. Tutto torna al normale scorrere e così anche i miei ritmi. Riprendo progetti, continuo promozioni e mi fermo, un attimo, a leggere un libro davanti ad un caffè. Cosa ho fatto di letterario recentemente mi domando mentre scorro l’intervista di David Lipsky a David Foster Wallace, Althoug of course you end up becoming yourself? Tutto e niente.

What writer have is a license and also the freedom to sit

Sto quindi sfruttando la mia libertà e quel che mi è permesso, già perché è così,e sarà sempre così: una questione di punti di vista. La buona letteratura, ti capovolge il mondo, lasciandoti lì seduto ad osservarlo.

Datemi un buon libro e, forse, vi cambierò il mondo, o almeno il modo di guardarlo.

 

 

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Del mondo e di quel che non ci passa attraverso

Tanto, sempre troppo, magari troppo poco, ma non passo da qui da molto. Eppure è la mia seconda casa virtuale, Facebook ha cannibalizzato tutto, ormai i siti di riferimento sono sempre meno e passano tutti da lì.

Che poi la bipolarità di FB é tremenda, terribile e forse è proprio il male maggiore. Tutto viene mischiato nella sua home. Stamattina avevo un tag di un mio amico e dei nostri ricordi d’ infanzia, di quando si giocava a nascondino, per target di riferimento il social mi spara invece decine di recensioni di libri marchettare, per passare poi attraverso la condivisione di frasi fatte, sentimenti rubati al mondo reale per essere dedicati alla nostra cricca virtuale, oggi sgomenta in tema di attentati, tragedie e lutti. Facebook può essere uno strumento di informazione ma non lo é, assomiglia più ad un’ opera d’arte, magari della scuola fiamminga.

Che dire, David Foster Wallace studiava la televisione, ora non c’è più, altrimenti avrebbe dedicato le sue parole a questi social annichilenti, predatori, capaci di renderci ogni giorno sempre un po’ più insensibile. Tempo fa scrissi una lettera ad una ragazza che non è mai voluta diventare donna, che dedicava gran parte della sua vita ai social, incapace di gettarsi nella vita reale. Le dissi che aveva sempre troppo rumore di fondo, sempre troppo altro, sempre troppi pensieri di altri, parole di altri, foto di altri, vacanze di altri, che poi paradossalmente questo è: gattini, cibo, momenti di felicità postati forse per far più invidia agli altri che per goderceli noi effettivamente.

Così torno sui miei passi, a scrivere, qualcuno prima o poi leggerà, scrivere è sempre come inviare un messaggio in bottiglia non sai mai dove possa arrivare, perfino Alessandro Manzoni ritrovò un manoscritto, per dire. Umilmente rimetto i miei panni e penso a cosa avrebbe fatto Loco Chavez, sì il protagonista di quel fumetto argentino che è un capolavoro, almeno per me. Che avrebbe fatto, avrebbe scrollato le spalle, avrebbe telefonato a Malone, il suo amico pubblicitario combina guai, e sarebbero andati a bersi un Mate, al bar ad ascoltare le poesie di Homero dedicate ai ladri, alla gente reale. Si sarebbero presi cura del loro mondo, della gente del Barrio o come aveva ripetermi Gianrico Bezzato, scrittore acquese, la gente del Barr- Io.

Alla prossima

Vostro Fabio Izzo

 

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L’ottavo giorno della settimana e il mestiere più antico del mondo: Marek Hłasko

Amo leggere le biografie, ufficiali e non, le autobiografie, i rapporti epistolari degli scrittori, grandi o meno. Che poi cosa fa che uno scrittore sia grande? Poco o nulla, non le storie che ha raccontato o come le ha raccontate ma i numeri, i numeri di vendita e forse questa è la beffa più grande per gli umanisti perché la letteratura non è una scienza esatta e non lo sarà mai, è arte, indecifrabile, alla portata di tutti con la sua semplicità.

Così ho letto il volume a fumetti sulla Szymborska e purtroppo, splendido nei disegni, non ne ho apprezzato la parte biografia, personalmente avrei scelto altri aneddoti, altri episodi ma non l’ho scritto io e va bene. Ho amato la biografia di Salinger uscita da poco, quella di David Foster Wallace, Every love story is a ghost story è in lettura in parallelo ai suoi romanzi e scritti. Tutto perfetto, come sempre, fino a quando apprendo da “The History of Polish Literature” scritta da Czesław Miłosz che Marek Hłasko ha fatto il camionista ma non solo, anche the pimp, già, il protettore, il magnaccia, e vai a riassumere una vita così, dall’ottavo giorno della settimana in poi, attraverso l’espressione dei numeri.