Riflessione estemporanea sul profondissimo piano delle province/Hildebrando Aristolakis
ovvero
La cosa più bella del Piemonte è Anita Caprioli
Questo è un brano che fa parte del mio secondo progetto editoriale mai andato in porto.
Come molti sanno, sono molto, troppo autobiografico quando scrivo.
A me capitano queste cose.
Queste cose sono di qualche anno fa…buona lettura!
Sotto quelle statue di santi, ai piedi di quelle salite che portano alle chiese, sui gradini di quei palazzi ,che erano schiavitù antiche e ora ancore di un tempo passato, gettate in questo presente pieno di mancanze dii prospettive, lo sapevano tutti.
Così proprio lì, che poi è il mio qui, c’erano loro Anna e Michele.
Due nomi e nessuna identità.
20 anni di provincia che fanno un’eternità di noia sulle spalle e l’aria di chi ha già capito che è troppo tardi per farcela nella vita: qualsiasi cosa questo significhi.
Seduti ad un tavolino di un bar quando il mondo gira le spalle alle villeggiature e i telefonini ricominciano a squillare per le pelli scurite dei manager che si riaffacciano alle costellazioni dei soliti bar per l’immancabile aperitivo.
-Acqua e menta, bevi come i bambini, Michele…
-Anna…lo sai che mi piace… e poi non bevo, non berrò mai, arrivato a questo punto… a proposito l’hai letto quel romanzo di Pilchener, proprio bello!
-Eccolo qua, di nuovo qua, sempre qua… il mondo va avanti e noi restiamo qua! E io con te…tu uno qualunque a perdere tempo con romanzi che nessuno legge.
– Questo mondo è troppo veloce, troppo, pieno di azione e privo di comprensione, se avessero letto quel romanzo…
– Sei tu…siamo noi che siamo lenti alla nostra età… non abbiamo fatto nulla.
– E cosa c’era da fare?
– Non lo so Michele, l’avessi saputo non pensi che l’avrei fatto invece di stare, di stare qui con un lavoro del cazzo? Non so…forse andarsene…
– Andarsene? E dove Anna? Ti sei sempre sentita fuori posto…ovunque!
– Si, ma in vacanza?
– Le vacanze, ma se sono quattro anni che non vado da nessuna parte Anna…e poi la vita non è una vacanza e ogni estate è sempre così, te che ricominci con questi discorsi…il mondo corre, ha preso i suoi ritmi, ha i suoi ritmi anche con le vacanze, pensa i last minute…come fai ad andare in vacanza all’ultimo minuto, sembra una corsa contro il tempo, non una vacanza… e noi? Perché tu come… sei, siamo fuori da tutto, da t-u-t-t-o! Ma guardali con le loro facce sempre così sorridenti, sembrano finti, cosa avranno da ridere, non gli costa forse a loro, quel sorriso dal dentista? E poi agende, cellulari, chiamate, brunch, a darsi appuntamenti, ma per che cosa poi? Che avranno da fare? Che avranno fatto in vacanza se non le stesse chiamate, gli stessi aperitivi e gli stessi sorrisi? Non hanno niente da dirsi quei manager dell’ultima ora, che poi il mondo andrebbe benissimo avanti senza di loro; anzi meglio, ma loro sono lì con quell’aria di chi sembra averlo salvato lui il tuo di mondo-
-Certo, loro saranno così… forse, come li additi tu, ma hanno qualcosa, sanno dove stanno andando e invece tu? Il supereroe che salva il mondo: saresti tu Michele?
-No, ma per lo meno non me la spaccio, sono quella nullità che so di essere.
Michele, finito di pronunciare lentamente la parola essere, molto più lentamente del vocabolo nullità, corso sul palato in fretta e furia per preparare teatralmente l’esplosione tardiva di una parola statica come essere, beve e manda giù l’alchimia di acqua e menta.
-Bevi quel bibitone da bambino! Michele, tu hai paura di andare via!
-Di andare via? Di Andare via? E dove? Si deve bere per andare via, bevendo si scappa solamente.
-Ma Michele, quante cose ci siamo persi restando qui?
-Non so…cosa ci siamo persi restando qui?
-Ascoltami… i Beatles!
-Anna, ma se non eravamo nemmeno nati.
– Allora…i Nirvana Michele…i Nirvana te li sei persi tutti.
-Ma Kurt arriva da una di quelle schifose province come la nostra, senza quella provincia non sarebbe mai arrivato a noi.
Il piano diabolico delle megalopoli usato per Belushi, tornava anche per Cobain pensava Hildebrando fissando la strana coppia che avrebbe potuto benissimo essere filmata da Tarantino perché Pulp Fiction è un Kaddish moderno sulla morte delle periferie.
Cambio inquadratura, pensa Hildebrando, dai suoi pensieri al dialogo dei due ragazzi, scorre il carrello del regista e si apre il buio con le seguenti parole di Anna.
– E il BOSS, quello che te piace tanto?
– L’ho visto a Genova, a Marassi, e non è lui che canta le storie di provincia, l’ultimo album poi…
– Michele, non devi convincere me. Devi convincere te stesso che restando qui perderai altro.
– Anna, per andare a servire i servi altrove, resto qui, dove nessuno mi considera, mi conosce o che…non ho da predicare o rotte da inseguire, non sarò quel genio che sarei stato altrove.
– Ma Michele, dimmi cosa ti fa restare in Piemonte, in questa parte di Piemonte che poi non parte, non va da nessuna parte…è un luogo senza tempo, addormentato….toh senti le campane della chiesa, pensi che da qualche altre parte del mondo le potresti sentire così dormendo?
– Sono le cinque e mezza è c’è il sole.
– Di questo ti importa Michele? Che sono le cinque e mezza e che c’è il sole? Cosa c’è di bello qui, dimmelo Michele?
– La cosa più bella del Piemonte sotto al sole è Anita Caprioli- e lo disse con quel tono da bambino bugiardo che sa di dire la verità almeno per una volta bevendo il suo ultimo goccio di acqua e menta.
Sotto l’ombra di un campanile piegato agli angoli smussati della storia, accompagnato dai rintocchi sordi di una campana che aveva già detto tutto in altre occasioni, proprio lì sotto mi guardava il cielo e dopo tutto non gli pareva una brutta giornata.
Non avevo niente, nulla e nessuno e le mie ambizioni non interessavano alla mia provincia ma stranamente cominciai a continuare nel credere che non era e che non poteva essere davvero una brutta giornata.