Premetto che per me è un periodo abbastanza strano, senza aggiungere altro e così tra il serio e il faceto vengo spronato da due persone ( i colpevoli sono Federico Berltrami e Mivel Antros, cercateli su Fb) ad andare a Mantova al tanto famoso Festival Letteratura, giunto alla sua quattordicesima edizione.
La città che ci accoglie al mattino presto, addormentata sul Mincio, mi ricorda il set di un film di Edwige Fenech (limiti della mia cultura) e pian piano comincia a sciabordare di persone, curiosi o lettori che siano.
Apprendo da subito che la Janeczek ci era stata il giorno prima e davanti ad un caffè stendiamo il semplice piano di una giornata “culturale”e posso rifarmi solo comprando il suo libro su Monte Cassino che almeno trovo da Mel Book.
“Oddio non ci resta che Sandrone Dazieri e Ian Rankin!! (Che con tutto il rispetto non sono nelle mie corde letterarie).
Lo scrittore scozzese si dimostra simpatico, uno di quelli con cui passereste volentieri una nottata in un pub di Edimburgo, e racconta anche qualche anedotto divertente come la sua gioventù da porcaro ma niente da fare, non riesco a entrare nel club dei lettori di gialli!
Le domande che gli si rivolgono riguardano sempre un certo ispettore Rebus (o qualcosa del genere) e più che a un festival di letteratura mi sembra di essere a un incontro di fan di serie tv.
E poi Rankin ha un accento troppo pulito per essere scozzese, cazzo, lo capisco tutto ed è una settimana che parlo con highlanders e quelli altri non li capivo mai mah….
Dopo la mezza delusione della letteratura commerciale non resta che scegliere se andare ad un convegno su Fernanda Pivano o se fermarci ad ascoltare Paolo Rumiz che parla di qualcosa su Sarajevo che al momento non mi è ancora molto chiaro.
Altro caffè, gentilmente offerto dallo sponsor, e altro consulto.
Non so perchè, io sono un appasionato di Beat Generation e normalmente avrei scelto il convegno sulla Pivano a Paolo Rumiz, i giornalisti scrittori poi non è che li apprezzo molto (gusti personali).
Ma in mente mi tornano le parole di una canzone dei C.S.I.-Cupe Vampe-dedicata a Sarajevo e alle guerre balcaniche.
Mi soffermo a leggere quel che qualche copy lombardo ha scritto sotto l’evento di Rumiz che suona come: un viaggio a Sarajevo, un incontro d’amore, resta solo una canzone e tre anni dopo…
Cazzo, praticamente la storia di ogni mia vita! e i C.S.I:
Di colpo si fa notte e com’è cupo il freddo la città trema e trema tutto
per un momento tutto il mondo così il mio voto cade su Rumiz.
Aspettiamo in coda quando una coda vera e propria non c’è e finiamo dietro a due signori di Rovigo sfidandoci ironicamente per due sedie a chi ha fatto più strada per essere lì, ovviamente vinciamo noi nonostante la presenza a chilometri zero della nostra guida indigena.
Parlando e chiacchierando dall’incendio della biblioteca di Alessandria, evento non proprio remoto, ci chiedono cosa ci sia da vedere ad Alessandria.
– Nulla, chi ci passa lo sa che non c’è nulla.
– Ma non c’è una sinagoga?
– Certo che c’è ma a Casale Monferrato.
– Dicono sia la più bella d’Europa
– E così!
– Lo dicono…
– Fidatevi è così.
– Ma se la settimana scorsa siamo stati a Sabbioneta…
– Fidatevi, io ero a Varsavia al festival dedicato a Singer…
Continuiamo a parlare e scopro che stanno rincomponendo l’archivio delle famiglie ebraiche costrette al domicilio coatto nella città di Rovigo durante la IIGM, aggiungo che dovrebbero leggere anche il libro di Chiodo che parla proprio di queste tematiche anche se riferite all’acquese e mi raccontano del loro ultimo viaggio a Israele dove hanno trovato una testimone.
Una donna che non parla nemmeno più l’Italiano, che non ricorda molto di quello che è stato se non che la paura e la tragedia, e che ha passato i primi tre anni nel suo Kibbutz socialista a pregare ogni sera in italiano, una lingua che non conosceva, quelle tre preghiere che le suore le avevano insegnato e che anni fa le salvarono la vita.
Durante un controllo tedesco lei e altri bambini recitarono il Padre nostro e questo bastò a salvarle la vita, ora chiamatelo provvidenza, destino o in mille altri modi ma è qualcosa che di sicuro vi resta attaccato sotto pelle per tutta la vita e allora siete propensi, più propensi a controllare i segni…
Da allora quella signora al tempo bambina, continuò a recitarlo per anni, come un mantra.
-Non ricordava più le parole, l’età il tempo che avanza ma quando le ho detto “il Padre Nostro” le si illuminarono gli occhi.
Arriva poi Rumiz sul palco a raccontare in endecasillabi la sua storia (che potete tranquillamente trovare pubblicata da Feltrinelli).
Una storia di destino, di un amore destinato alla morte accompagnato da una canzone serba/mussulmana.
Rumiz parla e guarda intorno e mi viene spontaneo guardare dentro di me che in quel momento è un po’ come guardare dentro di lui ed ecco che escono fuori le coincidenze, le interpretazioni del destino:
la Gallizia polacca, Bruno Schulz (nemmeno nominato ma si sente che il Messia sommerso c’è ed è presente), l’incontro di una notte, gli occhi neri, la danza della vita e un arrivederci tra due amanti che profuma tristamente e immensamente d’addio.
Il tizio di Rovigo mi chiede – Ma davvero, capisci?
E’ una domanda retorica la sua ma la mia risposta è invece una risposta del destino:
Purtroppo capisco tutto davvero e fino in fondo.
Non ho comprato il libro di Rumiz, non mi piace comprare libri per farmeli autografare, ma mi sono fatto una promessa: tra tre anni leggerò quel libro e ci metterò un finale diverso