Passeggiando, ad ogni passo in questo suo purgatorio artistico, aprì lo sguardo a quel che seguì nel cielo dopo la pioggia. La riunione del sole calante con le nuvole mobili rappresentanti la pioggia.
Una chiazza disomogenea tra sonno e sogno si stagliava nell’unico punto dove tutto ha diritto di esistere ma non diritto di accesso. La verde umidità espressa nell’incrocio dei campi accompagnava il purgatorio destinato a essere rima lenta nel precorso riservato al testo agiografo della sua vita. La vista relegata senza l’obliquo di recinti si espresse in giudizioso communtandosi solennemente in parola
Dio è Pittore.
Sua è la tenacia, la prospettiva, il cono d’ombra e la pennellata maniacale.
Qui Dio ha perso il verbo, quello che fu, si dice, il suo principio.
Ha abbandonato la parole per le immagini. Non più comandamenti, moniti o espressione manifesta e diretta della sua costernata volontà.
Ma immagini, meraviglia, senso del meraviglioso che ha aperto un’età della meraviglia e del fantastico.
Dio ha illustrato il mondo tralasciando i dettagli, sono sfumature, quelle laggiù nel tramonto. L’imperfezione fatta uomo
E la capacità tutta di intravedere nella poesia la salvezza umana si spegne nel pennello acceso di Dio. Non è pittura la poesia, non è genesi, ma alchimia. Non vi nasce niente e niente scosse di apocalissi, ma l’ora si fa piombo pesante nell’animo umano, più monitrice la poesia della religione.