In generale, dopo i Defenders, le serie Marvel di Netflix mi lasciano sempre un po’ perplesso. Le ho visto quasi tutte, almeno le prime, Devil, Cage, Iron Fist, Jessica Jones… poi ho cominciato a smettere perché lo trovo un vizio peggiore del fumo, dedicare ore della mia vita a qualcosa del genere. Sarò sbagliato io, non so, ma quello che ci trovavo nel fumetto, qui è andato perduto.
Oggi ad esempio in questo mio eremo pasquale avevo pianificato di guardare The Punisher, qualcuno, non voglio far nomi, me ne aveva parlato bene. Invece è il solito nulla. Con Frank Castle che si fa passare per “ritardato”, almeno c’è un termine politicamente scorretto prima di cominciare a massacrare, tramite mazzotto da muratore, una banda quasi improvvisata per poi andare tranquillamente ad assaltare un covo della famiglia Gnucci. Questo in tipo 10 minuti finali perché nei 30 minuti iniziali possiamo ammirare un Frank Castle con la barba da hipster, sigh, che spacca muri. Però fa anche altro… legge.
Che dire…gli autori gli piazzano in mano prima una copia di Moby Dick. Certo, forse è il romanzo che più si avvicina al personaggio, vista la folle determinazione dell’anti eroe Marvel. Ma poi pescano L’eta del Jazz di F.S. Fitzgerald, libro che Hemingway aveva definito patetico, insomma, non proprio così, ma giusto per dare un’idea della mancata continuità della libreria di Frank Castle e della serie tv a lui dedicata.