La città di Oswiecim è sorprendente, la sua piccola piazza graziosa è abbellita da colori pastello. Potrebbe sembrare un paesino qualunque, anzi uno, un paesino da fiaba, potrebbe sembrarlo, ma poi no…poi si arriva al supermercato Tesco e ci ricordiamo che i nostri tempi sono moderni, fin troppo.
Ma le sorprese non finiscono qui perché camminando, camminando, allontanandoci dal centro lo sguardo libero si staglia laggiù, dove c’è la storia, quella di Auschwitz, il nome tedesco del più famoso campo di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Qui c’erano le SS, Rudolf Hoess, comandante in campo che ci ha vissuto con tanto di moglie e cinque figli. E poi c’erano e ci sono anche 1,3 milioni di persone morte, ma più che morte sarebbe bene dire uccise.
Auschwitz ora è un museo che accoglie le persone vive con una cancellata di metallo passata alla storia. ARBEITH MACHT FREI, il lavoro rende liberi, così è stato battuto il ferro della scritta (non più originale, ma riprodotta e messa a sicuro dopo il furto e il seguente ritrovamento di qualche anno fa), qui sotto, sotto questo cancello è bene dire che è stata sconfitta l’ umanità, tutta. Le baracche, ridipinte, sembrano una mostra a parte al ‘interno di questo strana struttura, soggetti che stanno parlando ad altro…
Poi si arriva al Blocco 4 dove ci sono ancora i vecchi barattoli di Zyklon B, usato nelle camere a gas. Il Blocco 5 è tutta una montagna di capelli arruffati, di valigie abbandonate e di 80000 scarpe che hanno perso la forma dei piedi da tempo.
Il Blocco 11 è dove i prigionieri si lasciavano deliberatamente morire di fame.
Non si può davvero descrivere tutto ciò, le parole, forse, non sono adatte non ci riescono, sono smorzate in bocca, strozzate sulla carta e sbiadite sugli schermi digitali.
Così, forse, è proprio per questo motivo che si scattano le foto qui. Dalle tasche escono lesti gli Iphone ultimissimo modello, un gruppo di ragazze spagnole comincia a scattare selfie, con tanto di immancabile selfie stick. Insomma, tornando al punto di partenza, sembra non mancare proprio nulla a questa fiera dell’est. Un ragazzo, forse tedesco, si ferma a registrare tutto col suo Ipad. La fiera dell’ insensibilità tra schiamazzi e pose è ora completa e l’unica cosa a cui sono sensibili tutti qui, ora è il caldo, per il resto, la storia si è assottigliata fino a diventare un ricordo, un souvenir