Quando mi obbligarono a scrivere, smisi di scrivere.
Sono fatto così, le imposizioni mi bloccano.
Non mi ribello, perché penso che bisogna avere motivazioni forti per farlo e non penso di avere così tante motivazioni dentro me, al momento.
Ci sono periodi in cui non si ha nulla da dire.
Eppure diciamo di tutto, come se esprimerci fosse diventato un segno di esistenza.
Lo dico, esisto, vedi?
Il pensare è diventato azione secondaria.
La manifestazione della propria esistenza sta nell’esibizione.
Non si dovrebbe mostrare, si dovrebbe vivere.
Come vedete è molto più facile a dirsi ed è difficile farlo.
Ormai siamo abituati a confondere tutto e tutti. Quello che ci interessa è quello che non ha valore.
L’oggi.
Il passato è da dimenticare, il futuro da imbrogliare, per questo motivo il nostro oggi si staglia come un’ombra nel calendario della storia.
Non penso che sostenere un qualsiasi tipo di causa sui social sia utile.
Non si trova empatia, dall’altra parte dello schermo si trova solo compiacimento, se l’amico virtuale la pensa come te; una reazione uguale e contraria se si considera di pari livello o, nella maggiore dei casi, per complessi di inferiorità inespressi (problemi suoi), si trova solo ottusità.
Se devo fare bella figura preferisco non farla, preferisco essere coerente con me stesso e ricordarvi quanto facciamo schifo nonostante tutte le belle parole lette nel mare dei flussi senza pensiero di internet.