Essere tifoso del Napoli?

Essere tifoso del Napoli? Cosa vuol dire oggi?

Difficile rispondere a una domanda del genere perché il Napoli ha tifosi ovunque e dovunque, un tifo, quello azzurro che travalica i confini cittadini, regionali, nazionali e continentali, ma non siamo qui ad occuparci della diaspora azzurra come fenomeno sociale, anche se è bene precisare che un tifoso napoletano di New York non è uguale a un tifoso di Afragola, così come il mio Napoli è diverso da quello di mio padre.

Io imparavo a sillabare con Bruscolotti mentre lui tifava per Totonno Juliano,giusto per intenderci , e l’unica cosa che ci unisce tutti è la passione, per quel colore, per quella maglia che ha una storia e una tradizione unica che è riassumibile con una semplice frase:

Che cosa vi siete persi?

Ve la ricordate?

Questa è scritta che, misteriosamente, comparse nell’ormai lontano, ahime, 1987 sui muri del cimitero comunale di Napoli dopo la festa scudetto.

Ogni tifoso, dal primo istante che seguì al pareggio interno ottenuto contro la Fiorentina, utile per vincere il campionato, il primo, sapeva di assistere, anzi no, meglio, di vivere, perché il tifoso napoletano non è mai spettatore ma parte integrante, motore a scoppio della squadra azzurra, basti vedere anche i recenti risultati ottenuti al San Paolo dal club di Mazzarri, un momento unico e irripetibile, non da immortalare per essere ricordato in futuro ma per essere gustato fino in fondo.

E se il tifo di casa si era già espresso al suo meglio con il famoso Giulietta sì na zoccola, striscione, diventato un classico tanto da essere diventato il titolo di un libro sul mondo del tifo, esposto durante una partita interna con il Verona, come replica al trattamento, a dir poco ostile, ricevuto al Bentegodi all’incontro di andata, come riuscire a superarsi in occasione dello scudetto?

Semplice, anche in quell’occasione bastava affidarsi alle radici, alla cultura, alla tradizione. Napoli è una città difficile, una capitale spodestata, dove vita e morte danzano avvinghiate serratamente un ballo quotidiano, ma è anche la patria di Totò, del principe della risata, il poeta autore de “A Livella” la poesia sulla morte.

La morte,impegnata per Bergman in una partita a scacchi, vista, a volte, come liberazione ai mali del mondo, proscenio di santità seguente alle sofferenze terrestri, qui, in quell’anno venne presa a schiaffi due volte.

La prima con lo sberleffo del cimitero: Cosa vi siete persi? Testimonianza suprema del noi ceravamo.

Noi abbiamo visto.

Siamo stati fortunati, vero, ma la fortuna aiuta gli audaci, e per questo motivo osiamo, abbiamo sfidato la morte una volta e lo rifacciamo una seconda.

Come?

Semplice con la vita.

Andate a guardare l’anagrafe partenopea e il boom demografico e poi, quanti figli sono stati battezzati con il nome di un nuovo santo protettore? Diego Armando. Già, e uno di questi, un classe 90, nato sul finire dell’epoca maradoniana, fa il calciatore, difensore per la precisione, nel Bayern di Monaco: Diego Armando Contento.

Il 1987 è l’anno che forse può meglio far capire cosa vuol dire essere tifoso del Napoli, un anno simbolo ma non solo, perché   Eros e Thanatos continuano a tessere i fili di questa maglia, amata da  un pubblico capace di provocare un terremoto appena il pallone entra in rete, insaccato da uno dei suoi beniamini.

Infatti nella partita di Champions League contro il Manchester City, valida per il girone di qualificazione, i sismografi del dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università Federico II di Napoli hanno registrato una scossa sismica subito dopo il gol del 2-1 del Napoli contro il Manchester City. La causa? L’esultanza dei tifosi del San Paolo alla rete di Cavani

Un esempio di certo non casuale, perché testimonia il legame tra la squadra e il suo tifo, appassionato quanto unico, che ama definirsi, non a caso, di sangue azzurro.

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