capitolo 3 (una folla)
Aveva percepito lontanamente in sé il respiro dell’eternità, per un attimo aveva saputo che lui sarebbe stato eterno e che di lui sarebbero rimaste tracce nella polvere dei secoli,come una rotta di carovane nel deserto apatico dell’uomo.
L’eternità, per un attimo soltanto, lo aveva abbracciato.
Quell’eternità che la sue mente rappresentava come due giovani liceali abbracciati sotto l’umidità delle stelle, chiusi nei loro larghi maglioni in riva ad un lago dopo aver speso il loro incipt di eternità a pomiciare in un drive.
O era l’eternità tesa come una molla arrugginita che appare intrinseca nei romanzi di Strindberg e di tutti quegli autori che non si leggono più per fare posto ad altro. Non è il romanzo che vende ma il nome in questo mondo prostituitosi a colpi di marketing. Ma lo sapete cos’è il marketing?
È un mondo, quello del marketing, dove pensano che siamo tutti fessi. È quel mondo che divide uno da due e li considera tutti uguali. Un mondo privo di eternità ma costruito sull’immediatezza dovuta al senso tattile delle cose. Insomma tante belle parole per vendere una cosa del secolo scorso come una macchina e restare impalati ad un modello fordista di società.
E sì che Ford[1] non pensava all’eternità.
Lontano da questi pensieri Hildebrando, per un attimo, l’aveva sentito davvero, lui non Nikolaj Rossi, lui e non Moonlight Boone, lui, sì anche attraverso loro perché tutti erano lui, erano tutti pezzi di quel mosaico complesso che costituiva la toltiti di un ragazzo dei tardi vent’anni senza sicurezza alcuna sul suo futuro ma provvisto della consapevolezza di eternità. Un tragico sapere il suo. Inutile e a volte scoraggiante.
Così una notte, questa notte passò. Hildebrando la passò come un malato terminale pieno di speranza. Passando la notte sarebbe arrivato il domani, il sole, la luce e qualcosa di nuovo, è così che funziona da sempre. Ma non stavolta, la notte passò lanciando un monito: sarebbe tornata tra poche ore…tra qualche ora solamente e tutto sarebbe rimasto come prima. Hildebrando privo di riposo, assonnato e inquieto, accolse così il nuovo sole della sua vecchia vita. Sorrise in modo beffardo e privo della tromba del giudizio, sprovvisto di shofar, fischiò.
C’è chi dice che lo sentirono in tutto il Monferrato quel fischio, c’è inoltre chi dice che un treno fu puntuale sul binario tre in quello stesso momento a Mosca, c’è chi cerca ancora i fumetti di Moonlight Boone e della sua tromba magica tra i ricordi leggeri dell’infanzia e quelli pesanti dell’adolescenza, c’è chi legge un tema delle superiori dandogli sei e mezzo perché come giudizio dice: “senza eccellere lontano dai clamori classici ma solido e consolidato nelle sue idee ben scritte”, c’è chi sente i versi d’amore di Barracuda, ansimi e sospiri mentre la straripanza del suo fiume si riversa e si fanno veloci i suoi versi, profonde vittime del desiderio femminile trasformati in liquidi e avvolti nella penetrante sicurezza di una notte consumata dentro ad una fiamma nuova non più ex .
Questa notte soddisfa le voglie carnali cancellando ogni traccia di amore romantico.
E c’è altro, ci sono altri ancora in un mondo che di notte non appartiene davvero e nessuno e scivola nelle ombre dell’anarchia del libero pensiero; così una cameriera delle terre di Abruzzo ha visto una storia incredibile dentro una tazza di cappuccino bevuta a metà, profonda e salata come il Mar dei Sargassi proprio in una notte come questa.
Dopo una notte così arriva un mattino semplice. Di notte la provincia si assopisce nei suoi personaggi leggendari, abbracciandoseli e portandoseli con sé in quelle mille storie di provincia che sfuggono ai libri, così veloci.
Storie piccole, così care alle orecchie di chi ascolta da non poter essere immortalate nei libri delle metropoli ma abili a trovare posto in quelle pagine bianche che saranno rivalutate non nei secoli ma negli anni. In quella notte nella provincia hildebrandiana, lontana dalle isole del giorno prima[2], vicina solamente alle isole pedonali dove Stagione Fallimentare[3] aveva predicato le sue tattiche e i suoi credo calcistici per una notte intera ad una folla assente.
E se la squadra italiana con il nome inglese e i giocatori globetrotter era stata eliminata dalla Champions League (la coppa dei Campioni? Scordatela, ricorda Hildebrando), beh era perché non avevano seguito i rigidi dogmi difensivi di Stagione Fallimentare e che le metropoli continuassero a perdere tempo nel cercare allenatori esotici che nelle notti di provincia si arrivava al mattino con il WM[4] o il contropiede effetto domino di Stagione per l’esteso Fallimentare.
Mattino semplice e Hildebrando san[5] si era appena fermato a pensare sul Giappone. Bisogna fermarsi quando si pensa perché in questo modo statico si riesce a pensare meglio. Pensò camminando come si fa in Giappone o almeno così come pensava lui. Le cose, tutti avevano bisogno di farsele spiegare, anche i critici, bisognava creare delle badanti per critici perché loro non potessero mai più accontentarsi di usare le solite frasi:
- non ha preso da suo padre
- l’alunno è intelligente ma non si applica
- non è colpa sua se non ci arriva
- tutte le sue canzoni sono uguali
- scrive più di quel che legge
- ha perso il duello rustico con l’assicuratore senza dominare la scena…
Hildebrando sapeva che il mestiere di critico era duro, sì, in fondo davvero durissimo e pensava che forse il suo Moonlight Boone in Italia non lo avrebbero apprezzato ma se fosse arrivato dall’oceano, da quelle terre lontane che sembrano non dormire mai, assuefatte magicamente dalle magie artificiali del neon, allora…beh…si allora sì che l’avrebbero apprezzato i critici tutti, loro che avrebbero steso tappeti rossi per un romanzo a stelle strisce riservavano ai connazionali le solite frasi di critica…uguali, sempre.
Il mondo dell’uomo è troppo distruttivo.
La natura distrugge per creare.
L ’uomo si ferma a metà e invece di creare, critica…
Ma la critica è distruttiva.
Chi critica non costruisce e così era il mondo avverso alle costruzioni ma propenso a criticare e a non riconoscere il genio contemporaneo. I posteri poi avrebbero rimediato attribuendo genio a quel qualcosa che per la critica ora era solo un insieme di idee non originali e dissociate.
Ma da oltre l’oceano in quellea mattine di desolazione a “Radio Onda Bolda”, la radio meno ascoltata con attenzione del mondo, arrivavano gli auguri di Pawel l’argentino[6] a Piero il basettone[7], scanditi dall’intercalare tipico e regionale privo di dizioni di un DJ Fonzie[8] appena svegliatosi e ligio a campare al dovere con 600 euro al mese e un monolocale in affitto con il bagno in giardino e il giardino prigioniero della nebbia.
Questa è l’ironia del tempo che passa.
Invece Hildebrando, colui che arriva dalle province da cui scappano tutti, da quella sua provincia che dorme, si dispera, che è inquieta... che conserva misteri che non interessano a nessuno… quella provincia che attira attenzione con azioni deplorevoli e disperati per restarsene immersa nelle nebbia del tempo e dormire sepolta dalla nevi...e le olimpiadi invernali passate di nascosto…Erika e Omar che la buttarono in faccia al mondo, la contessa Vacca Augusta e un sacco di scheletri nell'armadio, anche quello di una madre forse troppo amata, sono sepolti in quella o in questa provincia o come in tutte le province uguali del mondo imperialeggiante che di queste cose non vuole affatto saperne.
[1] Come quel pubblicitario che faceva tanto l’innovativo ad un seminario su comunicazione e marketing parlando poi di eco marketing, solo per poi alla fine vendere un prodotto fordista e del secolo scorso:l’automobile. mah
[2] Titolo di un libro d Umberto Eco
[3] Vedi Eco a Perdere
[4] Semplice modulo calcistico che vede i calciatori formare, con la loro disposizione in campo, le due lettere
[5] La santità è una consuetudine di abitudini- Sartre
[6] Vedi Eco a Perdere
[7] Vedi nota 9
[8] ibidem